Le prealpi lombarde questo fine settimana si presentano ancora con le stesse condizioni del precedente, condizioni ad alto rischio di incidenti che erano le stesse, se non più gravi, di quel tragico 17 dicembre del 2000.
Insieme a Cesare, Emanuele, Marco e il compianto Daniele Chiappa eravamo di turno al centro operativo del Bione. Le condizioni delle montagne allora erano simili a quelle della scorsa domenica e di questi giorni. Allora come oggi i soccorritori impegnati negli interventi sono stati decine. Di Emanuele, che quel 17 dicembre del 2000 era da poco entrato nel soccorso e si trovò di fronte ad una situazione di notevole gravità, posso immaginare i suoi pensieri domenica. Oggi è istruttore del soccorso alpino, guida alpina e domenica scorsa, non so se casualmente, era di turno alla base di elissocorso.
Se nel 2000 i cinque morti e gli innumerevoli feriti sono accaduti nelle prime tre ore della mattina, oggi li registriamo nell’ultima settimana e in più i feriti. Le condizioni sono simili e la conta pure. Che dire, forse stante gli appelli la storia si ripete e si ripeterà.
Oggi i cosiddetti escursionisti prevalgono sugli alpinisti. L’alpinista in percentuale e per cultura è quasi sempre dotato di idonea attrezzatura e consapevolezza, l’escursionista un po’ meno. Che fa la differenza è dove sei, dove stai andando, come ci vai, se sei in grado di andarci e se sei in grado di capire se ci puoi andare.
Quando vedi gente che corre su e giù per le montagne innevate con scarpe leggere, escursionisti e allegre famiglie che si sentono preparati più con le intenzione che con le capacità, senza arrivare al “gatto con gli stivali“ della Grigna che domenica scorsa con i suoi stivali verdi comprati all’Obi saliva sulla Grigna e riesce a salire anche le nord e le cascate, le domande da farsi vanno aggiornate con i tempi.
La frequentazione della montagna è molto aumentata negli ultimi anni ed è in aumento la quota degli sprovveduti. La statistica degli incidenti non fa una piega e non è poi cosi tragica se si pensa che date le premesse potrebbero succederne molti di più. Se vi è una riflessione da farsi non passa per l’urlato o le suggestioni del momento, ma per necessità dalla prevenzione e dal prevenire. Si fa prevenzione insegnando la cultura della montagna e si previene anche creando una rete informativa sulle condizioni e praticabilità delle montagne, soprattutto in periodi e situazioni particolari. Ciò già avviene ed è accessibile, ma per tutta quella massa di improvvisati alpinisti e escursionisti il percorso sarà lungo.
Senza togliere diritti e responsabilità o attuare norme impositive nella illusione del rischio zero è a mio avviso importante fare rete e cultura in montagna quando ci sei e vedi situazioni di possibile rischio. Se a Maurizio, soccorritore, guida alpina con grande esperienza, che per premura avvisa il tenace alpinista che con gli stivali sul ghiaccio forse è meglio tornare indietro, gli viene risposto che per fermarlo deve chiamare i carabinieri, pazienza che ci vada e che gli vada bene. Che conta è la premura delle persone con le persone e fare rete con le conoscenze lì sul terreno. È vero a volte trovi persone presuntuose e arroganti che si sentono urtate nelle loro presunte capacità, ma il più delle volte, con il giusto garbo e decisione, funziona, e senza saperlo magari si riesce ad evitare qualche possibile tragedia.
In questi giorni e in queste condizioni forse non basta stare attenti ma bisogna stare più che attenti, perché da un inciampo su un sentiero tranquillo se il pendio è ghiacciato, si precipita. Se hai picozza e ramponi e inciampi senza essere in sicura, si precipita. Con queste condizioni si rischia di più sul facile che sul difficile. Allora forse conviene che ci fermiamo un attimo e cambiamo le valutazioni e i percorsi in attesa di condizioni più sicure.
Scrivo e saluto a nome di tutti i volontari del soccorso alpino che fuori dagli stereotipi sono sempre e inevitabilmente presenti.
Franco Lozza
Soccorso alpino
e speleologico lombardo