Fin dalla creazione l’uomo e la donna sono chiamati a formare una cosa sola. E’ nella loro natura: “Non è bene che l’uomo sia solo”. E’ volontà del Creatore. Dio lo creò maschio e femmina: per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola.
Quando dunque un legislatore, fosse anche Mosè, permette il divorzio, concede qualcosa alla “durezza del cuore” umano, ma non segue né l’intenzione di Dio, né il richiamo dell’essere: “l’uomo, dunque, non separi ciò che Dio ha congiunto”.
Gesù su questo punto è chiaro ed esplicito.
Per dipiù la liturgia circonda oggi questa affermazione con altre ugualmente “difficili” per i nostri orecchi abituati ben diversamente dalla moda culturale. Vi è l’elogio della famiglia, vi è l’esaltazione dei bambini che sanno accogliere nel modo giusto il Regno di Dio, che anzi posseggono il Regno di Dio.
Dunque mettiamo sotto interrogazione certe convinzioni comuni, ad esempio che il matrimonio sia soprattutto un peso; che i figli siano un peso ancora più grande; probabilmente troveremo che queste idee non vogliono dire intelligenza e progresso, ma solamente egoismo.
E’ importante tenere presente che il fallimento o il successo del matrimonio non si previene ne si risolve giuridicamente e per legge, perché è un fatto di amore, pertanto è un problema personale e con radici psicologiche ed emotive.
C’è un principio fondamentale in medicina che ha applicazione anche qui: «E’ meglio prevenire che curare». Vale a dire, i giovani devono prepararsi al matrimonio e quelli già sposati devono crescere continuamente nell’amore.
Don Graziano
vicario parrocchiale
Domenica 10 giugno 2018
Rito Ambrosiano «B»
3a domenica dopo Pentecoste
Vangelo Mc 10, 1 – 12