LECCO – “È stata una guerra”. Lo afferma chi ha assistito alla maxi rissa andata in scena nelle prime ore della mattina di domenica, al termine dello School Party – la festa di inizio stagione scolastica nella nota discoteca “Orsa maggiore“. Una serie di provocazioni e episodi di violenza di minor conto, dentro e fuori il locale, sfociati in uno scontro durissimo con ragazzi da una parte italiani, albanesi e kosovari e dall’altra marocchini, tutti giovani o giovanissimi.
Alla fine un urlo, sul piazzale del parcheggio dell’Orsa rimane A., 17enne che abita in Valsassina. Una pozza di sangue, causato dal taglio provocato da un coccio di bottiglia. Un fuggi fuggi generale, tutti scappano e la rissa finisce lì ma iniziano i guai per l’introbiese – rimasto comunque cosciente fino all’arrivo dei soccorsi, portati dalla Croce Rossa. “Gli è andata bene”, racconta una fonte riservata che fa capire come quel fendente portato con una bottiglia rotta apposta per “tagliare” poteva avere conseguenze ben più gravi. La ferita ha riguardato la metà del torace del giovane. A. viene portato d’urgenza all’ospedale “Alessandro Manzoni“ nel capoluogo e lì subisce un intervento. Se la caverà in 20 giorni ma ha ricevuto una serie di percosse e tra le varie con un pugno gli hanno pure spaccato la mascella. Adesso è ricoverato nel reparto di Ortopedia del nosocomio cittadino.
PERCHÉ?
Il motivo? Se ce n’è uno, difficile risalirvi. Di certo, molti se non tutti i presenti (sia i venti che si sono violentemente azzuffati, sia i tanti che sono stati lì a fare da “pubblico”) erano ubriachi. Fatto non nuovo in casi come questi, monitorato dalle forze dell’ordine e difficile da reprimere.
Questa volta non c’è scappato il morto. Ma la famiglia del 17enne è rimasta in apprensione a lungo e la paura è stata tantissima. Inutile dire che proprio famiglie, scuola, istituzioni hanno il dovere di aiutare gli adolescenti alle prese con un’età”difficile”: lo stesso aggressore di A., individuato grazie alle telecamere della discoteca, ha pochi anni più della vittima del ferimento.
Parole facili, per chi scrive; ma quello dei genitori, in particolare, è un mestiere duro, complicato. E senza “corsi di formazione”.
RedCro