BARZIO – Simone Vebber si è dimostrato un grande concertista e un virtuoso. Un giovane talento italiano che ha letteralmente conquistato l’attento pubblico della Rassegna Organistica Valsassinese proponendo a Barzio un concerto eccezionale con un ottimo accostamento tra brani di repertorio e improvvisazione organistica ben strutturata. Una serata di grande musica.
Spesso, quando si pensa all’improvvisazione, si pensa a qualcosa in contrasto con la musica cosiddetta “scritta”. Anni fa, ricordo un noto pianista Jazz che affermava che per lui suonare musica scritta era come una gabbia. In verità, come lo stesso direttore artistico della rassegna, Daniele Invernizzi, ricordava, il contrasto è solo apparente, e molte volte è poco significativo. Tornando proprio sul concetto di gabbia, l’organista che ha tenuto il concerto, Simone Vebber, diceva che si tratta di una “gabbia aperta”, quindi di qualcosa che impone sì una traccia da seguire, ma nell’ambito della quale il musicista ha comunque la sua libertà. E, soprattutto, come Simone ricordava all’inizio del suo concerto, quello che conta è anche “suonare uno strumento”, valorizzandone le sue caratteristiche.
Tutto ciò è stato pienamente realizzato durante la serata barziese del 17 agosto, nella quale il bellissimo organo “Mascioni” del 1978 ha dato il meglio di sé. Il concerto era diviso in due parti simmetriche: la prima dedicata al barocco, e la seconda dedicata al romanticismo. In mezzo ad ogni parte, costituita da due brani, un’improvvisazione dell’organista, su temi scelti dal pubblico.
Nella prima parte, protagonisti Johann Sebastian Bach e Arcangelo Corelli, due autori in qualche modo legati forse dall’amore di Bach per la musica italiana, mostrata anche dalla sua trascrizione di diversi brani vivaldiani. La “Toccata e Fuga Dorica” BWV538 di Bach ha avuto come eco il Concerto Op 6 numero 1 di Corelli, il primo dei 12 Concerti Grossi op. 6, nella trascrizione organistica di Thomas Billington. Bello apprezzare il dialogo tra “tutti” e “soli”, tipico del Concerto Grosso, attraverso l’uso dei registri dell’organo, e in particolare attraverso il dialogo tra i suo tre organi: il grand’organo per il “tutti” e il positivo e il recitativo per il “soli”. Contrapposizione che si ritrova comunque almeno in parte nella “Toccata” del brano di Bach. L’improvvisazione ha evidenziato uno stile barocco, con aperture a nuove armonie.
Poi si è voltata pagina, dando spazio al romanticismo, con Liszt e il poco noto, ma molto bello, August Gottfried Ritter. Del primo, è stato eseguito lo stupendo “Preludio e Fuga su Bach” (notazione tedesca per le note si bemolle, la, do, si): un brano eseguito per l’inaugurazione dell’organo “Laadegast”, situato nel Duomo di Merseburg, città a ovest di Lipsia, il 28 settembre 1855. Qui lo stile è sicuramente di tipo improvvisativo. La sonata di Ritter, romantica, senza separazione tra i tempi, è molto espressiva, alternando diversi episodi e momenti. Il bis ha riportato a Bach, in qualche modo “chiudendo il cerchio”.
Improvvisazione sul tema della Colonna Sonora del “Signore degli Anelli”, musica composta dal canadese Howard Shore. Lo stile era cinematografico, e molto suggestivo. Come ricordava anche l’organista, un tempo la scelta di un organista avveniva mediante l’improvvisazione. Anche in altri mondi, come quello teatrale, in caso di incertezza nella scelta è l’improvvisazione quella che decide. E questa, nella musica ma non solo, sarà tanto migliore quanto migliore sarà la conoscenza degli stili e delle forme musicali, che in essa rientreranno.
Una serata che ha saputo mettere mondi musicali a confronto, e forse ciò che ha legato tutto è stata l’improvvisazione. Il tutto è stato eseguito da un organista d’eccezione, che ha saputo davvero “far cantare” l’organo come un’orchestra, valorizzando tutte le sue sfumature timbriche, con un’esecuzione scorrevole e mai eccessiva. Per una serata sicuramente da ricordare.
Contributo di Sergio Ragaini
Estratto dell’improvvisazione dalla colonna sonora del Signore degli anelli