BARZIO – Come spesso accade, il finale di qualcosa ci riporta al punto di partenza. Nel senso che, sovente, si finisce da dove si è cominciato. È così in quasi tutti i casi, compresi i viaggi. Anche per la Rassegna Organistica Valsassinese è stato così: a Barzio si è iniziato e a Barzio si è terminato. In termini cinematografici si parlerebbe di una gestione “circolare” del tempo. Tuttavia sarebbe più esatto chiamarla una gestione “ciclica”, nel senso che siamo tornati sì al punto di partenza, ma tutto, in questo lasso di tempo, è apparso trasformato. Trasformato il tempo stesso, perché siamo oltre un mese e mezzo in avanti, e quindi è cambiata la stagione. Ma, soprattutto, è trasformato chi ha fruito di questa musica, chi ha potuto, almeno in parte, assaporare questi momenti, che hanno permesso di viaggiare tra i bellissimi organi della Valsassina e Valvarrone, scoprendo anche i relativi luoghi, per poi tornare lì dove siamo partiti, a Barzio, ma con una nuova visione delle cose, e della musica. Una visione allargata, anche perché, come ricordava Daniele Invernizzi, direttore artistico della Rassegna, in Valsassina hanno lavorato tanti organari, permettendo così di avere organi molto diversi tra di loro, che hanno consentito l’esplorazione di molte sonorità, e il “passaggio” in molti repertori musicali.
Il finale della Rassegna Organistica del 2019 è stato affidato agli organi più “giovani” della Valsassina: i due “Mascioni” di Maggio, del 1982, e di Barzio, da dove siamo partiti, del 1978. Il primo è quasi il “fratello minore” del secondo, comunque dalle bellissime sonorità, apprezzate grazie anche alla bella scelta dei brani.
I due programmi, di Maggio e di Barzio, hanno avuto delle analogie: entrambi hanno unito brani Bachiani a brani della tradizione italiana dell’ottocento e del novecento, mettendo quindi sonorità a confronto.
Il programma di Maggio del 20 agosto, affidato al giovane Federico Terzi, attualmente organista a Ginevra, ha permesso un vero “volo” musicale, partito da Johann Sebastian Bach e terminato nell’Ottocento e nel Novecento italiani. Bach, come ha sottolineato lo stesso Daniele Invernizzi, amava molto lo stile musicale italiano, e l’ha mostrato, oltre che in alcuni suoi brani (come la “Toccata, Adagio e Fuga” BWV564), anche nelle numerose trascrizioni che ha effettuato di brani di Vivaldi. Una di queste trascrizioni è stata quella proposta: il Concerto in re minore BWV596, trascritto dal Concerto numero 11 da “L’Estro Armonico” di Vivaldi (RV565). L’esecuzione ha messo in luce le sonorità dell’organo, nei vari tempi del concerto, tra i quali la bellissima fuga del primo movimento.
Dopo un passaggio musicale con quattro Preludi Corali di Bach, tra cui il celeberrimo “O Mensch Bewein Dein Sunde Gross” (O uomo piangi il tuo grande peccato) BWV622, si è passati nell’Ottocento e Novecento Italiano, con Vincenzo Antonio Petrali e Marco Enico Bossi: due musicisti quasi “opposti”, il primo esponente di quell’Ottocento legato allo stile operistico, il secondo esponente di quel “Movimento Ceciliano” che ha voluto riportare la Musica organistica alla sua impronta originaria. Interessante, di Petrali, l’esecuzione dell’“Adagio per Voce Umana”, che ha permesso di apprezzare la bellezza di queste registro, tipico dello stile italiano, in questo organo. Conclusione con la bella sonata in re minore op 60 di Marco Enrico Bossi.
Grande conclusione della rassegna a Barzio, il 22 agosto, sul grande organo “Mascioni”, le cui sonorità permettono di spaziare in molti repertori. Anche se, forse, a detta di alcuni, è con il Barocco tedesco che dà il meglio di sé, pur “difendendosi” bene anche in altri mondi musicali. La serata è stata affidata ad Andrea Macinanti, figura di spicco e di grande valore nel panorama organistico non solo italiano, e non solo per le sue esecuzioni, ma anche per il suo lavoro di ricerca e di revisione critica.
Il programma proposto ci ha portati da Johann Sebastian Bach a Marco Enrico Bossi in un volo di musica, unendo mondi diversi, e mostrando come la musica può davvero superare spazio e tempo, unendo tutto in un unico respiro di profonda armonia.
Di Johann Sebastian Bach, dopo il monumentale “Preludio e Fuga in mi minore BWV548” con la fuga che presenta, assieme alla serrata polifonia, anche parti scorrevoli, dal sapore monodico, spazio all’interessante trascrizione di Francesco di Lernia del secondo tempo del Concerto BWV1043, originariamente scritto per due violini. Qui si sono apprezzati i bellissimi registri di flauto dell’organo Mascioni. La parte Bachiana si è chiusa con il ricercare a sei voci dall’Offerta Musicale, brano composto da Bach su tema di Federico II il Grande (detto infatti “Thema Regium”). Un’interessante esecuzione, anche per l’esplorazione delle sonorità dell’organo.
Poi, spazio a Marco Enrico Bossi, di cui l’organista sta curando, per la casa discografica “Tactus”, l’esecuzione dell’opera omnia organistica. Un Bossi presentato prima come trascrittore, e poi come compositore. Le trascrizioni di Bossi fatte ascoltare sono state quelle del “Moto Perpetuo” di Paganini, dove il virtuosismo violinistico è diventato virtuosismo della tastiera, in un flusso che pareva davvero senza fine nella sua bellezza, e quella della bella e suggestiva “Ave Maria” di Adolf Von Henselt. Di Bossi proposto il “Fervore” da “Momenti Francescani op 140”, un fervore che, seppur intenso, conserva uno spirito “raccolto”, e la brillante “Toccata di Concerto Op 118 num.5”, brano dal sapore intenso e dal carattere scorrevole.
Conclusione con l’“Ave Maria” dello stesso Bossi, a detta di alcuni una delle pagine più belle dell’autore.
Da Barzio siamo partiti, e a Barzio sì è concluso. Tuttavia, ogni conclusione è solo l’inizio di qualcosa d’altro. E il preludio a ciò che verrà. In questo caso, alla quarantanovesima Rassegna Organistica, attendendo il grande evento del 2021, il Cinquantenario della manifestazione: un traguardo a cui pochi arrivano, e che sarà celebrato come merita. Ma mancano ancora due anni e la prossima Rassegna saprà nuovamente regalare meravigliose emozioni musicale, facendoci “viaggiare” nello Spazio e nel Tempo, come la Musica sa sempre fare.
Contributo di Sergio Ragaini