Nella liturgia di questa domenica, le prime due letture sono come l’antecedente della pagina del Vangelo. L’esempio portato da Gesù potrebbe valere per ogni padre che ha legittima autorità sui figli e che può comandare a loro. Ma le pagine di Isaia e di Paolo ci ricordano che anzitutto c’è la cura di Dio per noi. Perciò la ragione intima della nostra obbedienza a Dio non sta nel semplice adempimento di un suo comando, ma è una risposta di gratitudine e quindi di amore alla cura che Egli ha per noi.
L’esempio portato da Gesù è molto chiaro e anche noi avremmo risposto come quegli ascoltatori di Gesù.
Esso dice come Gesù non vuole essere seguito solo a parole, ma con i fatti della vita.
Dirà: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”.
È bello però notare come entrambi sono figli e dunque la paternità di Dio non escluda nessuno:
• né chi dice sì e poi non va: è il popolo ebreo osservante ma solo a parole;
• né chi dice no e poi va: è chi fa parte indegnamente del popolo ebreo o forse neppure ne fa parte.
Gesù non nega il valore dell’appartenenza al popolo ebreo (come a dire “tu sei il primo figlio”), ma va oltre: non conta alla fine che tu sia il primo: conta l’obbedienza a Dio, l’adesione alla sua volontà: conta il cuore.
Anche nelle nostre famiglie capita a volte di sentire di un figlio obbediente, ordinato: figlio del sì, ma poco di cuore.
E di un figlio irrequieto, disobbediente: figlio del no, ma pronto e generoso quando c’è bisogno.
Applicando l’esempio di Gesù all’oggi: è quello che tante volte diciamo: quella persona non va in Chiesa, ma è meglio di altri che ci vanno.
Tornando al Vangelo: a noi sembra di essere il primo figlio, quello del sì.
1. Sentiamo però la distanza fra quel sì e la nostra vita e con una bella preghiera della Liturgia invochiamo il Signore perché ci strappi dalle nostre ingiustizie e ci allieti nella sua pace.
Il compimento di questa preghiera passa attraverso il riconoscimento e la gioia sincera che il popolo del secondo figlio, benché non credente o non praticante, viva però la volontà del Padre.
Perché questa stima e gioia fraterna è anche la gioia più grande per il Padre.
Don Gabriele
vicario parrocchiale