Il Vangelo di oggi scaturisce dalla condizione di prigionia di Giovanni Battista, dalla quale forse anche lui sperava di esserne liberato da Gesù. E già subito raccogliamo un insegnamento: solo dalla povertà (come è il carcere per Giovanni) si può accogliere il Vangelo. Così: o l’uomo d’oggi riesce a scendere nelle sue miserie riconoscendole, ed allora ecco l’annuncio liberante del Vangelo, o rimane chiuso nelle sue superbe e deludenti sicurezze.
Il Vangelo ci offre poi una contemplazione di Gesù stesso e di Giovanni Battista.
1. Quanto a Gesù, comprendiamo come i miracoli potessero essere da Lui portati come prova della sua credibilità, anche se rimane sempre la sproporzione fra i clamorosi miracoli e il suo incredibile proclamarsi Figlio di Dio. E’ però almeno curioso che fra le prove di credibilità, oltre ai miracoli Gesù dica anche che “ai poveri è annunciato il Vangelo”. Quanti fanno promesse a tutti, anche ai poveri, anche in nome della religione (per questo ritenuta da alcuni “oppio dei popoli”): delusi da tante false promesse, non le prendiamo più come prove di credibilità. Immaginiamo quale straordinaria sincerità doveva invece trasparire da Gesù (dalla sua persona, dal suo comportamento, dalle sue parole) perché questo suo annunciare il Vangelo ai poveri fosse prova credibile della sua persona come il Messia atteso?
2. Poi è Gesù che parla di Giovanni e ne fa l’elogio più grande: “fra i nati da donna nessuno è stato più grande di lui”. Ma aggiunge: “ma il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui”. Così dicendo Gesù non voleva certo sminuire la grandezza di Giovanni, ma piuttosto voleva dire che la vera grandezza per noi non è quella raggiunta nella vita presente, quanto piuttosto quella della vita futura nel Regno dei cieli.
E’ questo il traguardo che Gesù ci indica: il Regno dei cieli e ci ammonisce che solo i violenti se ne impadroniscono. Una bella preghiera a Maria ci fa capire come intendere questa violenza di cui parla Gesù: “Maria, ottienimi un cuore grande e indomabile, così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere, e nessuna indifferenza lo possa stancare”.
3. L’austerità del Battista e di Gesù ci dicono la radicalità del Vangelo e di Dio: una radicalità che ha messo in loro l’urgenza di essere anche tutto per i poveri, con una sincerità tale da essere giustamente creduti.
Basti, per Gesù, la professione di fede del centurione: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc. 15,39).
Don Gabriele
vicario parrocchiale