Ancora una volta il Vangelo ci presente Gesù attraverso la figura del precursore Giovanni Battista: l’ultimo dei Profeti.
Nel brano di lettera ai Galati, Paolo porta un paragone molto efficace e dice: la Legge (che non solo i comandamenti, ma anche tutta la predicazione dei Profeti e tutte le vicende vissute dal popolo di Dio) è stata come un pedagogo, cioè un insegnante che ci ha portato fino a Gesù.
Ora che però Gesù è venuto, non siamo più guidati dalla Legge, ma dalla fede in Lui: Lui è il compimento di tutte le promesse fatte da Dio al suo popolo.
E’ stato così storicamente 2000 anni fa.
Ma è così, normalmente, anche nella nostra vita personale.
L’educazione cristiana ricevuta è stata per noi il pedagogo, il maestro che ci ha portati fino a Gesù, ma poi è venuto, o deve venire, il momento in cui passiamo dal pedagogo a Cristo: dal fare non più per un’educazione ricevuta, al fare per una convinzione personale non anzitutto sulle cose, ma sulla persona stessa di Gesù.
Un po’ come avvenne per i samaritani che dopo essere accorsi ad ascoltare Gesù perché chiamati dalla donna Samaritana, poi dissero: “Adesso non crediamo più per la tua parola, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.
Tutto il Vangelo poi, e anche quello di oggi nella sua frase conclusiva, ci suggerisce il pensiero che anche Gesù non è il termine ultimo della nostra vita, ma che Lui ci conduce fino al Padre.
È bellissima la frase finale, sorretta da tutta l’intimità di vita di Gesù con il Padre: Gesù sa chi è il Padre.
Questa nostra vita non è chiusa entro i confini terreni; non vi troveremmo il senso di tutto, le ragioni dell’onestà, della fraternità, del sacrificio, della morte.
Quando sentiamo quel versetto di Vangelo ci facciamo più attenti perché chi non porta in sé queste domande:
C’è Dio? E chi è questo Dio? E quali sentimenti ha per noi? E a quale destino ci attende?
Domande decisive per tutti, per il credente e non.
Domande inutili solo per chi non riflette e si accontenta di vivere alla giornata quello che gli capita, senza cercare un senso, un fine per la propria vita.
Noi non conosciamo Dio Padre solo perché sappiamo la preghiera del Padre nostro, anche se quella stessa preghiera ci aiuta a conoscere Lui e la sua volontà.
Davanti alle parole conclusive del Vangelo di oggi è sempre attuale anche per noi l’invocazione degli apostoli:
“Signore Gesù, facci conoscere il Padre”.
Don Gabriele
vicario parrocchiale