CORONAVIRUS ALL’ESTERO: “IN INGHILTERRA SI SCHERZAVA, MA POI…”



INGHILTERRA – Dopo aver posto l’accento sulla situazione nella penisola iberica, abbiamo intervistato un ventunenne di Pasturo ritornato la scorsa settimana dall’Inghilterra, dove è stato sei mesi per motivi di studio.

Queste le sue parole alle nostre domande sulla gestione del Coronavirus oltremanica.

I primi periodi, quando il virus era già abbastanza diffuso in Italia, a Manchester la gente non si preoccupava per niente, anzi talvolta si facevano battutine… mi è anche capitato di iniziare a parlare con persone e vedere che cambiavano colore quando dicevo di essere italiano.

Gli inglesi l’hanno sempre vissuta easy. Mentre in Italia la situazione era già abbastanza critica, su la vita era normale, le uniche persone che indossavano mascherine erano i turisti asiatici e l’unico consiglio dal governo era di lavarsi le mani cantando jingle bells. Tuttavia qualcuno iniziava a capire; ad esempio nella mia scuola si stavano attrezzando per le lezioni online mentre gli istituti erano ancora aperti. Riguardo alle scuole penso che adesso siano chiuse perché anche i professori in questi giorni stanno trasmettendo da casa, ma fino a venerdì gli studenti frequentavano regolarmente (quelli coraggiosi, gli altri avevano già smesso di andarci lunedì scorso).

Molta gente non aveva preso per niente bene (comprensibilmente) l’annuncio di Boris Johnson che invitava gli inglese a prepararsi perché non si sarebbero presi provvedimenti, dicendo che “chi dovrà morire morirà e gli altri guariranno”, ma comunque meno di 24 ore dopo si è corretto, quando gli hanno spiegato che più di mezza Inghilterra sarebbe potuta finire male. Oggi in Inghilterra bar pub e club sono chiusi e il governo ha da poco emanato l’ordinanza di stare a casa e di evitare contatti.

Ovviamente e finalmente la gente sta capendo e mi hanno riferito che le strade sono completamente vuote; qualcuno chiede che vengano imposte restrizioni più severe per impedire ulteriormente la diffusione.

Una chicca anche sulla Svizzera, tappa obbligata nel viaggio di ritorno dal momento che i voli diretti per l’Italia erano già stati sospesi: In aeroporto non mi hanno misurato neanche la febbre. Fuori tutto era chiuso a parte i supermercati e c’era in giro gente, ma credo fossero tutti di passaggio per tornare a casa. Il treno per l’Italia era deserto.

G.G.

Nei prossimi giorni racconteremo le esperienze di altri valsassinesi che stanno affrontando l’emergenza lontano da casa. Se volete partecipare scriveteci a info@valsassinanews.com o sulla pagina Facebook.

 

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