MANCHESTER (UK) – Abbiamo già affrontato la situazione in Inghilterra due settimane fa, ma da quel 25 marzo sono cambiate tante cose; per fare un solo esempio, lo stesso primo ministro britannico Boris Johnson è passato dalla “immunità di gregge” alla terapia intensiva.
L’aggiornamento d’oltremanica arriva da Karima, che in valle ha vissuto prima a Introbio e poi a Primaluna (Comune in cui tuttora risiede la famiglia) e da diversi anni trasferita a Manchester, dove lavora e frequenta l’università.
La situazione COVID-19 a Manchester e nel Regno Unito in generale appare molto confusa, mal gestita e soprattutto sottovalutata. In sole tre settimane siamo passati dal sentire che “la gente si deve abituare a veder morire i propri cari e che si batterà il virus con l’immunità di gregge” ad avere 936 morti in un solo giorno.
La maggioranza della comunità italiana già a inizio marzo ha reagito molto responsabilmente e ha cominciato a prendere precauzioni mentre tutti quanti erano ancora “autorizzati” ad andare in discoteca, al pub o ai concerti.
Ci hanno deriso tutti dicendo che siamo dei paranoici e che la Grande Inghilterra non verrà afflitta per niente in quanto il primo ministro ha detto che non bisogna preoccuparsi. E questo spaventa molto, il leader di una nazione dovrebbe essere in primis l’esempio da seguire, la persona di cui tutti si fidano e le sue parole hanno fatto sì che la gente reagisse con molto ritardo e persino tanta indifferenza.
Di noi italiani dicono che abbiamo gestito male la situazione, che il sistema sanitario non ha retto perché molto probabilmente scadente e che è normale che ci siano cosi tanti morti perché siamo i secondi in classifica come popolazione più vecchia del mondo; questo oltre a fare male, suscita quasi stupore perché personalmente non credo sia vero. Sono tornata in Italia il 9 di febbraio e in aeroporto a Bergamo c’erano ancora prima della dogana tre medici/infermieri che accoglievano tutti e misuravano febbre a ogni passeggero. Il 14 febbraio, solo cinque giorni dopo, in aeroporto a Manchester neanche l’ombra di personale sanitario o qualsiasi tipo di controllo. Va bene, l’Italia potrebbe essere anche la popolazione più vecchia al mondo e quindi? Ogni vita vale uguale a tutte le altre e i giovani non sono immuni, in più c’è da considerare il contagio dal giovane al più anziano.
Sostanzialmente, inizio marzo: qualcuno morirà ma va bene così, se ce lo prendiamo tutti sto virus magari diventiamo anche immuni.
Metà marzo: ci sono dei morti, magari rivalutare e cominciare a chiudere. La gente inizia ad impazzire, spariscono dai supermercati da un giorno all’altro pasta, uova e carta igienica (non so per quale motivo considerata essenziale).
Fine marzo: chiuso tutto e lavorano tutti da casa, a parte i key-workers (lavoratori chiave) come personale medico-sanitario, chi lavora nei supermercati, chi lavora in ristoranti che fanno consegne, tassisti e autisti, buttafuori, receptionist in hotel e altri ancora.
Le università hanno chiuso prima del lockdown totale in quanto molti studenti hanno scioperato stando a casa, i ristoranti e i locali sono stati chiusi solo dopo l’emissione dei decreti ufficiali. Molti hanno perso il lavoro e tanti sono stati collocati in posti diversi. Buttafuori che lavorano davanti agli ospedali, nelle porte dei pochi alberghi aperti o per tenere ordine nei supermercati cosi come receptionist di un’intera catena alberghiera che a turno, una volta a settimana, ad uno ad uno hanno turni nell’unico albergo aperto, quello vicino l’ospedale, per sostenere personale medico-sanitario.
Quando tutto ha cominciato ad essere vero, dopo lunedì 23 marzo quando i morti erano ancora 330 e si è istituito il lockdown totale, si è visto il meglio e il peggio delle persone. Tanta, tantissima solidarietà come tanto egoismo e menefreghismo.
Due settimane di quarantena generale e, 700 morti dopo, la situazione sembra lentamente cambiare. Fila ai supermercati, messaggi e lettere ricevute direttamente dal governo per incitare le persone a stare a casa e segnaletica stradale a 2 metri di distanza l’una dell’altra per marcare a che distanza mettersi dalle persone nei luoghi pubblici etc etc. Certo, molto utile ma la mentalità deve ancora cambiare. Ci sono tassisti privati che viaggiano con mascherina e guanti, paramedici in ambulanza e poliziotti in macchina senza nessuno protezione.
Parlando personalmente con un primario dell’ospedale di Manchester, mi è stato detto che questo è solo l’inizio e che ci si aspetta di avere il picco di morti e contagiati nelle prossime due settimane.
Si spera che tutto questo finisca presto, nel frattempo si va avanti cercando di essere positivi stando a casa, concentrandosi su cose importanti, sugli esami, cambiando “aria” lavorando un turno a settimana e andando a fare la spesa una volta ogni due, ma soprattutto restando in contatto con la mia famiglia e la mia valle che anche se non per legame di sangue sarà sempre e comunque casa mia.
Rubrica a cura di Gabriele Gritti
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