Il mazzo di chiavi tintinna nella tasca del giubbotto, il fischietto appeso al collo fuoriesce dalla cerniera semiaperta e la borsa con i libri e i fogli dell’allenamento dondola mentre mi avvicino al cancello della palestra.
Ad aspettarmi un gruppetto di bambini urlanti che si scambiano figurine e si spingono l’uno con l’altro. Qualcuno mi vede e urla “è arrivato il Fer”. C’è chi si aggrappa a una mia gamba, chi mi saluta seriamente, chi invece mi racconta quanti canestri ha fatto nel pomeriggio nel cortile di casa.
Apro a fatica la porta di ingresso e i bambini, diventati tanti nel frattempo, corrono nello spogliatoio ancora buio per cambiare le scarpe.
Urlano e gridano, uno alla volta escono con le scarpe semi allacciate e con la borraccia in mano. Il rumore dei palloni che rimbalzano sul campo inizia a riempire il silenzio della palestra mentre le luci scaldandosi iniziano a illuminarlo tutto.
Le retine si gonfiano a ogni tiro, il suono delle scarpe che scivolano facendo un improbabile terzo tempo mi fa sorridere, qualcuno tira all’indietro e qualcun altro tenta di fare canestro addirittura da dietro il tabellone.
Sono lì fermo in mezzo al campo, li osservo, saluto qualche genitore che si accomoda in tribuna, altri mi chiamano perché devono consegnarmi un certificato o vorrebbero pagare il mese. Intanto i figli sono là che ridono e scherzano, saltano, provano nuove tecniche e non la smettono di urlare.
Fischio forte, in pochi secondi sono tutti intorno a me, faccio fatica a parlare perché violando le regole, in molti palleggiano mentre parlo. Faccio finta di essere arrabbiato, mi guardano quasi spaventati poi partiamo con l’allenamento.
Ancora il suono dei palloni che rimbalzano, quello delle scarpe che scivolano, anche quello della retina che si muove o il tabellone che viene utilizzato stranamente.
Sorrido, osservo, guardo ogni movimento. Migliorano ogni giorno, imparano ogni fondamentale e ci mettono passione e voglia. A loro piace la pallacanestro, tanto come a me, sono riuscito nell’intento di trasmettere una passione.
Un rumore mi sveglia. Apro gli occhi e mi accorgo che sono li, sulla poltrona in sala con la televisione accesa.
Fuori c’è il sole, il silenzio di un aprile in quarantena ti penetra nelle ossa; richiudo gli occhi e sorrido, mi tornano quei suoni in palestra, i palloni che rimbalzano, le scarpe che scivolano, le retine che si spostano e le urla dei bambini e bambine che si spingono per entrare ad allenarsi.
Sorrido con gli occhi chiusi, no, non sto sognando stavolta, me lo conferma quella lacrima che scende lentamente sulla mia guancia… torneremo più forti di prima….
Fer