PASTURO – Raccontare i fatti di cronaca, soprattutto quella nera, non è un compito facile. Cercare le parole giuste per trasmettere i fatti accaduti senza ferire la sensibilità del lettore e dei protagonisti è sempre un momento delicato, ma leggendo le cronache di fine ‘800 qualche insegnamento potrebbe arrivarci.
In questo pezzo vi raccontiamo due casi accaduti in Valsassina tra il 1894 e il 1896. Due avvelenamenti in due situazioni diverse, raccontate in maniera quasi poetica dai corrispondenti del Corriere della Sera dell’epoca.
Il primo caso è quello di un contadino di Pasturo morto al seguito del morso di una vipera, così viene raccontata la notizia dal cronista: “Certo Fortunato Invernizzi, contadino di Pasturo, stando a falciare dell’erba nei monti venne morsicato ad un piede da una biscia, senza però che egli basasse più che tanto che anzi continuò a lavorare”.
Il giornalista spiega che purtroppo per lo sfortunato pasturese non si trattava di una biscia bensì di una vipera visto che dopo qualche minuto il contadino iniziò a sentire i sintomi dell’avvelenamento. “Corse al paese dove gli venne somministrata dell’ammoniaca per cauterizzare la ferita ma ormai era troppo tardi” ed ecco il tocco poetico per comunicare ai lettori la morte del valsassinese, “lo sfortunato contadino venne preso dalla fatale sonnolenza che in pochi minuti lo rese cadavere”.
Meno poetico invece il pezzo che racconta la morte nel 1896 di un bimbo di due anni sempre a Pasturo. A Eligio Merlo, figlio di Antonio venne somministrata della stricnina invece della medicina ordinata dal medico.
“La colpa del fatto viene attribuita al farmacista di Introbio, una onorata persona di 52 anni che commise involontariamente lo sbaglio nello spedire la ricetta del medico”, spiega il cronista.
ovviamente il farmacista venne subito arrestato e condotto in carcere.
F. M.