Non deve essere stato facile per la gente e neppure per gli stessi discepoli comprendere e accogliere le parole di Gesù di questo Vangelo. Quando c’era da mangiare il pane abbondante della tavola, dopo la prodigiosa moltiplicazione operata da Gesù, volevano farlo re, e Gesù era fuggito da loro. Ma adesso questo discorso di Gesù è troppo difficile da capire e sono loro ad andarsene via da Gesù.
Le parole di Gesù ci portano nel cuore della nostra fede: a coloro che gli chiedevano cosa dovevano fare per compiere le opere di Dio, Gesù non risponde, come farà col il giovane ricco, ricordando i comandamenti, ma dice che l’opera di Dio da compiere è credere in Lui inviato dal Padre.
Anche in questo Vangelo Gesù non si presenta “da solo”, ma dice che “su di Lui il Padre ha messo il suo sigillo”.
Come può essere che questa sia l’opera per eccellenza che il Padre ci chiede?
Noi siamo abituati a pensare alla fede come un atto della nostra intelligenza e ad anteporre la morale alla fede.
Ma aver fede vuol dire anzitutto riconoscere la verità di quella parola di Gesù: “Dio ha tanto amato il mondo da dare per noi il suo Figlio unigenito”.
Quella parola e questo Vangelo ci suggeriscono anche come accostarci all’Eucaristia ricevendola come donataci dal Padre.
Ben prima di esprimere la fede e l’amore nostro per Gesù, l’Eucaristia esprime l’amore incomprensibile di Dio per noi.
Incomprensibile per la sua grandezza oltre ogni giustizia, in arrendevole anche davanti al male più grande, un amore mai così grande, eppure mai così gratuito e non ricattatorio.
Ricevere Gesù nell’Eucaristia è come Pietro che, pieno di confusione, prima rifiuta il gesto di Gesù, ma poi lascia che gli si inginocchi davanti e gli lavi i piedi.
Non vorresti che Gesù debba fare quel gesto anche davanti a te; non vorresti che sulla croce ci debba andare anche per te.
Vorresti, almeno per parte tua, risparmiargli questa umiliazione e sacrificio, e invece capisci e riconosci quanto anche tu ne hai bisogno.
Vorremmo sempre saper ricevere così Gesù nell’Eucaristia, ogni volta che partecipiamo alla Messa (perché Messa e Comunione non sono affatto cose separate), riceverlo come dalle mani del Padre che ce lo dona.
E ci accorgeremo che, così facendo, anche il pane della tavola, con tutto ciò che simboleggia (salute, lavoro, affetti, necessità materiali, ecc.) cambia sapore.
Gesù, donaci sempre il tuo pane che dà la vita e sostiene la nostra povera vita.
Don Gabriele
Vicario Parrocchiale