LO SPAVENTO DI ELISA/DA SOCCORRITRICE A FIGLIA DELLA PAZIENTE “DA DOMANI PRESTERÒ AI FAMILIARI IL DOPPIO DELL’ATTENZIONE”



VENDROGNO – Esistono storie di pazienti, storie di soccorritori e, a volte, storie di parenti: singolare però è il racconto di Elisa, vendrognese con casa a Lecco abituata a volare in ambulanza trasportando i feriti, che, per una volta, ha vestito i panni del famigliare. Ieri infatti, dopo l’incidente avvenuto a Laorca, ha ricevuto quella chiamata che nessuno vorrebbe sentire: nel veicolo c’era la madre, Carla Marcati.

Ciao sono Elisa, di Cri Valmadrera. Sono la figlia, puoi dirmi..tutto?
Ho capito le parole “incidente“, “mamma” e “muro“, e nient’altro fino a quando non ho sentito un collega parlarmi in una lingua che conosco, parlare di “neurologico”, “testa-piedi” e “pz V”.
Un giorno, per un giorno, non sei un soccorritore ma sei un familiare del paziente, quello che sta li impalato in Pronto Soccorso a guardarti, senza capire le domande che gli fai.

Io, più di altri, sono quella che va sempre al di la del paziente, va al familiare. Sono quella che, appena possibile, cerca una parola di conforto per la moglie agitata del paziente anziano, per la madre sconvolta che in pronto soccorso guarda la scia di sangue lasciata dal figlio, per la figlia adolescente del paziente picchiato a sangue. Io, più di altri colleghi, cerco sempre di pensare a come possono sentirsi quei familiari che ci guardano soccorrere e portare via il loro congiunto, senza capire cosa stiamo facendo e con la paura che accada il peggio.

Provi ad essere empatico, a immaginarti al loro posto.
Ma non lo sai come ci si sente, finché la chiamata non la ricevi tu.
Finché non sei tu a stare in piedi davanti ad una barella che ha steso sopra non un paziente, non una persona, non un ferito, non un bambino. Tua madre.

Li, quando cerchi di tirare insieme i nervi e di comportarti come se fosse “solo” un paziente, quando cerchi di restare razionale e lucida e di ascoltare il triage, ti rendi conto che non sei altro che un parente agitato che fissa il vuoto senza capire.

Quante volte mi sono sentita dire dai familiari o dai pazienti frasi tipo “eh che lavoro che fate, non vorrei essere al vostro posto! “. Oh no, cari miei, sapeste quanto vorrei restarci sempre al mio posto, e mai al vostro. Quanto sia nettamente più facile stare nella divisa rispetto che nei panni del familiare che accorre confuso in pronto soccorso.

Ti senti stupido a fare la parte del parente. Ti senti stupido e ti sembra che gli altri credano che tu sia stupido, li fermo con le gambe che ti tremano.

Non lo dice mai nessuno, perché tendiamo sempre tutti a far vedere che siamo eroi, e non solo noi soccorritori, che crediamo di essere pronti solo perché siamo soccorritori. Non lo dice mai nessuno, ma quando tocca a te fare il parente, più che mai ti senti di voler stare sempre dall’altra parte, con tutto quello che comporta.

Sono giorni di insulti e insinuazioni pesanti a noi soccorritori, di aggressioni verbali e danni subiti.
Ciononostante, oggi più che mai, non vorrei stare da nessun altra parte se non che dalla mia di soccorritore.

E di sicuro, da domani, presterò ai familiari dei pazienti il doppio dell’attenzione, del rispetto e del l’empatia rispetto a come facevo fino a ieri.

La mamma sta bene ed è stata dimessa questa mattina presto.

 

L’INCIDENTE DI IERI:

VECCHIA LECCO-BALLABIO IN TILT. 56ENNE PERDE IL CONTROLLO DELL’AUTO

I "SONDAGGI" DI VALSASSINANEWS

REFERENDUM, FUSIONE BOCCIATA. COLPA DI CHI O COSA?

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