BARZIO – “Di ufficiale a oggi non è arrivato ancora niente. Da quello che leggo sui media non si aprirà neppure  il 18: verrà rinviato ancora” prevede Massimo Fossati amministratore delegato di ITB. Dal 7 marzo dello scorso anno causa Covid sulle piste barziesi non si sta sciando e dietro l’angolo si prospetta la cassa integrazione per i dipendenti.

C’è tutto il disagio di un settore che impiega 15.000 persone in Italia direttamente sulle funi e che intorno al quale ruota una importante indotto a tenere viva la montagna

La situazione economica è quindi pesante, con l’aggravante dell’incertezza sulle prospettive “Dovevamo aprire dopo l’Immacolata, prima di Natale, successivamente il 7, ora ci hanno detto il 18 gennaio ma non accadrà – aggiunge Fossati. Nel frattempo abbiamo cercato di preparare le piste per l’eventualità di queste date. Si tratta di costi da noi sostenuti.  Se avessero permesso l’attività tra lunedì e venerdì, avremmo avuto un attimo di respiro. Di aiuti e ristori non c’è traccia”.

Nel frattempo, langue nei cassetti un protocollo preparato da mesi su iniziativa degli stessi operatori economici, documento che contiene regole di sicurezza. Per Fossati regna un immobilismo immotivato. “Non ci hanno mai lasciato dimostrare che potevamo gestire la pandemia. Di certo qui in Lombardia il virus non si è diffuso sugli impianti di risalita. Non abbiamo avuto focolai neppure lo scorso febbraio. Non si è ammalato nessuno né tra i rifugisti, né tra i maestri di sci, né tra i nostri dipendenti”.

Sicuramente l’abbigliamento dello sciatore che è bardato di casco, occhiali, guanti e tuta è stato un fattore protettivo come pure l’attività all’aperto. La richiesta quindi è chiara: si attendono decisioni che aiutino a riportare tra le persone condizioni di sicurezza che permettano comunque di vivere momenti di socialità senza mettere in percolo nessuno.

Insomma è ovvio serva innovazione, non tanto tecnologica quanto organizzativa.

N. A.