Gesù aveva appena saputo della tragica morte di Giovanni Battista fatto decapitare da Erode. Dopo un fatto così, è ben comprensibile il suo desiderio di ritirarsi in diparte: inizia così il Vangelo di oggi. Ma la folla lo precede e Gesù, provandone compassione, mette da parte il suo desiderio di solitudine e si concede alla folla: probabilmente annunciò a loro il Regno e, dice il Vangelo, guarì i loro ammalati.
Non deve essere stata per Gesù e i discepoli una giornata facile; ora è sera e i discepoli si preoccupano di suggerire a Gesù di congedare la folla perché possa andare a comperare da mangiare. Ma Gesù ha in mente altro: “Voi stessi date loro da mangiare”.
Ai discepoli sembra impossibile: “Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!”.
E Gesù: “Portatemeli qui”; glieli portano e accade il miracolo, così abbondante da sfamare una folla di ben oltre i cinquemila uomini e avanzare ancora 12 ceste piene.
Sembra di ricordare quella notte quando Pietro disse a Gesù: “Abbiamo faticato tutta la notte senza pescare nulla, ma sulla tua parola getterò le reti”, e pescarono una gran quantità di pesci.
Possiamo raccogliere due pensieri da questo Vangelo.
Il primo è come Gesù “si lasci consumare” dalla folla per la quale prova compassione: è già un preludio a quel “lasciarsi mangiare” nell’Eucaristia della quale la moltiplicazione dei pani e dei pesci è un segno.
Non c’è stanchezza per Gesù che lo trattenga dall’avere compassione per noi, e dall’usarci misericordia.
Il secondo è come Gesù, per operare il miracolo, non ha voluto prescindere da quei pochissimi pani e pesci che i discepoli avevano.
E’ un invito chiarissimo a saper fare anche noi così nella vita: offrire a Gesù il pochissimo che siamo e che abbiamo perché Lui lo moltiplichi a favore di tutti.
Sta qui il segreto della fruttuosità di una vita cristiana: Gesù aveva detto “senza di me non potete far nulla”, ma “a Dio tutto è possibile”.
Il miracolo è unicamente dono di Dio; ma se per miracolo non intendiamo un fatto clamoroso che va oltre le leggi della natura, ma un fatto di carità, di riconciliazione, di pace che va oltre le nostre forze, ecco che le “nostre poche cose” e il “sulla tua parola” restano gli ingredienti di un miracolo così.
Applicato all’attualità, è ciò che scrive Papa Francesco: “Voglia il Cielo che alla fine di questa pandemia non ci siano più “gli altri” ma solo un “noi””: sarebbe il miracolo della fraternità.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale