Negli ultimi tempi quando qualcuno della “Casa” entra in contatto con persone esterne alla Rsa, riceve la stessa domanda: “quanti malati avete adesso?” oppure: “In quanti sono mancati?”.
Quando sento fare queste domande rispondo sempre che le persone che sono mancate avevano loro fragilità e che siamo dispiaciuti che il Covid li abbia portati via dalla Casa.
Rispondo che le (poche) persone ancora positive stanno bene, ed è questo l’importante.
Questo per me ha valore: le persone, non numeri o statistiche.
Per “fortuna” i parenti, le famiglie accanto alla Casa, hanno vissuto questo anno (“2020 allungato”) con noi: solo vivendo insieme ogni passo è possibile comprendere le fatiche (emotive, fisiche, umane) del lottare quotidiano.
Tenere “fuori” il virus,
Fare stare bene gli Ospiti,
trasmettere serenità ai parenti che non potevano incontrarli,
fare in modo di farli incontrare appena è stato possibile,
trovare modi sempre nuovi per farli stare bene, in compagnia, farli sentire “a casa”.
Festeggiare Pasqua, festa della mamma, 25 aprile, Primo Paggio, Festa della Repubblica, Ferragosto, Compleanni, Natale: sempre qui, insieme, per essere davvero una Casa, per curarli come una RSA ma farli sentire in famiglia.
Le famiglie ci hanno accolto nelle loro case tramite videochiamate fatte in ogni giorno dell’anno, ad ogni ora: abbiamo conosciuto molti parenti, di ogni età, consegnato regali in diretta, accompagnato alcuni ospiti nelle loro “fatiche” (sentire, vedere, comprendere).
Ogni passo è stato fatto con sincerità e trasparenza, condividendo fatiche e gioie, momenti belli e brutti, fatti di istanti (videochiamate, possibilità di incontri da maggio a ottobre e a Natale).
Dal 28 febbraio ogni venerdì ho mandato una mail (“la mail del venerdì”) per raccontare, aggiornare, condividere.
Siamo cresciuti insieme, abbiamo lottato insieme.
Quando il Covid è arrivato in RSA, ogni famiglia è stata avvisata, tutti noi siamo entrati in una “tormenta” e per qualche settimana è stata davvero dura.
Qualcuno ci ha lasciato, ed è successo in un tempo breve: questo è l’aspetto più devastante e demoralizzante di questa malattia.
Sono la direttrice di questa Rsa ma ero anche figlia, e anch’io non ho potuto salutare mio padre che in due giorni ci ha lasciato, senza avere alcun sintomo per i 13 giorni precedenti: di lui posso raccontare, ma non posso e non voglio parlare “degli altri” perché voglio rispettare la loro memoria, le famiglie che li stanno piangendo, e che ancora oggi, comprendendo quanto è accaduto, ringraziano per tutto quello che abbiamo fatto. Noi li ringraziamo perché i loro pensieri ci sostengono.
È un momento molto particolare, perché l’eco del vuoto di chi manca si sente: per questo quando si parla di “Numeri” mi sembra che non si comprenda che chi si è ammalato ed è guarito (o chi si è ammalato e ci ha lasciato) non sono numeri ma persone, con una storia di vita, un vissuto, un cuore. Non possiamo essere tanto superficiali da chiedere “quanti”, dovremmo chiedere piuttosto: “come stanno gli altri?”.
“Gli altri” stanno bene, abbiamo sanificato tutta la Rsa e ieri abbiamo pranzato nel salone polivalente: sembrava Natale. Abbiamo unito tutta la Casa per il Pranzo, era da tanto tempo che non lo facevamo ed è stato commovente.
Un nuovo inizio, senza dimenticare chi è mancato, continuando a lottare contro il Virus (e tutte le varianti del mondo) e con la consapevolezza che la sola strada da percorrere è quella dell’Amore incondizionato per quel che stiamo facendo.
Veronica Bonicalzi
Direttore di struttura
Rsa Casa Sant’Antonio
Barzio