DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA DOMENICA DELLE PALME



Come è bella l’immagine di questa folla che accoglie con spontaneità e gioia Gesù, e come è diversa da quell’altra folla che fra pochi giorni, sobillata dai capi, griderà a Pilato: “Crocifiggilo”.

L’entrare di Gesù in Gerusalemme cavalcando un asinello, e l’accoglierlo agitando rami di palme e stendendo i mantelli sotto il suo passaggio sono gesti profetici, cioè significativi di una realtà più grande, che gli stessi apostoli capiranno solo dopo aver ricevuto lo Spirito Santo.

Mentre la Chiesa si prepara a celebrare la Settimana Santa, memoria e rinnovazione della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù, oggi Gesù rinnova l’entrata nella sua Chiesa nel modo descritto dal Vangelo: giusto e vittorioso, umile, portatore di pace.

In queste parole è riassunta tutta la vicenda di Gesù.

L’ingresso in Gerusalemme è l’immagine del suo ingresso nell’umanità, nella sua Chiesa, in ogni anima che lo accoglie.

I segni della sua vittoria non sono trofei o medaglie, ma sono quanti si sono lasciati raggiungere e salvare dalla sua misericordia.

La sua umiltà è la misura di quanto Dio sia disposto a pagare di persona non per imporci la sua giustizia, ma per attrarre a sé le nostre coscienze e conquistarci al suo amore.

Così egli viene, e così lo accogliamo: come re di pace, una pace fondata sulla verità e sulla giustizia, che esige il riconoscimento di ogni male compiuto e l’assunzione di ogni propria responsabilità, ma che offre il perdono, pronto a dimenticare i pur meritati castighi.

Una pace conquistata a prezzo del suo sangue.

A volte si vorrebbe che Gesù venisse non con umiltà e mitezza, ma con severità e la minaccia del castigo.

C’è anche questo nel Vangelo, ma oggi viene a noi così: lo possiamo criticare, ma questa scelta lui la paga di persona.

Anche se a volte usa parole minacciose di castigo per i malvagi. Gesù vuole legarci a sé con l’amore, e sono la mitezza e l’umiltà, non banali ma sostanziose e sempre piene di assoluta dignità, come sarà davanti a Pilato, le sue armi per conquistare i nostri cuori.

Vorremmo anche noi accoglierlo come la gente di Gerusalemme; vorremmo anche noi dirgli che la sua mitezza, la sua umiltà, la sua bontà, la sua sofferenza liberamente accettata per noi, hanno conquistato il nostro cuore, così da esprimergli il nostro affetto e ringraziamento.

Ci direbbe, e ci dice: “Quello che fai al tuo fratello, anche al più piccolo e meno considerato, lo fai a me”.


Don Gabriele

Vicario Parrocchiale

 

 

 

 

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