DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA 4ª DOMENICA DI PASQUA



La catechista aveva chiesto ai bambini quale statuina del presepe avrebbero voluto essere, e un bambino rispose, sorprendentemente: “Io vorrei essere una pecorella”. Ci vuole la limpidezza di un bambino per intuire la bellezza di essere custoditi da Gesù come una sua pecorella.

Nel Vangelo di oggi Gesù ci si presenta come il Pastore Buono.

Gesù ci tiene alle sue pecore: normalmente anche un bravo pastore ha cura delle sue pecore, però vive di esse: le tosa, le vende, le uccide.

Gesù, invece, è lui che dà la propria vita per le sue pecore.

C’è un intreccio di verbi che dicono un intreccio di relazioni fra il Padre, Gesù e noi.

L’inizio di queste relazioni non sta in noi, ma nel Padre e in Gesù: “Io e il Padre siamo una cosa sola”; è Gesù che, inviato dal Padre, viene a cercarci, è la sua voce che ci chiama.

La voce del pastore è inconfondibile e, dice Gesù, le sue pecore la riconoscono e lo seguono.

Gesù ha un grande dono da dare a loro: la vita eterna; non si perderanno mai, saranno sempre custodite nelle mani del Padre.

Nell’ultima cena pregherà così per i suoi discepoli e per quanti avrebbero creduto nel suo nome: “Erano tuoi e li hai dati a me. Ora io vengo a te: custodiscili nel tuo nome”.

Anche noi dunque siamo parte di questo gregge; ma come riconoscere la voce del Buon Pastore in questo mondo in cui sembra che la ragione sia di chi urla di più e che ciò che conta siano la ricchezza, il potere, il piacere?

Riconoscere la voce di Gesù non è solo saperla.

Ascoltarla vuol dire farla propria, accoglierla con la fiducia che in essa troviamo quella parola che guida la nostra vita sulla giusta via, al seguito di Gesù.

È mettersi dunque al suo seguito, anche se a volte lo possiamo smarrire e arrivare fino al precipizio, ma poi fermarsi: riconoscere la sua voce che ci richiama e rimettersi a seguirlo.

L’immagine del Buon Pastore è un’immagine delicata: nella Bibbia quel pastore si dice che tiene in braccio l’agnellino appena nato e misura il suo passo su quello affaticato della pecora che ha appena partorito.

E’ anche un pastore che va in cerca della pecora perduta e che la riporta all’ovile caricandosela sulle spalle.

Ma è anche un immagine che ci richiama alla nostra responsabilità interpellando la nostra libertà, ripetendoci le parole dette a Pietro e agli altri apostoli: “Volete andarvene anche voi?”.

Con Pietro vorremmo saper dire: “Da chi andremo, Signore? Tu solo hai parole di vita eterna”.

 

Don Gabriele
Vicario Parrocchiale

 

 

 

 

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