QUALITÀ DELL’ARIA: IN UNO STUDIO 15 ANNI DI DATI RACCOLTI ALLA CULMINE



MILANO – Recentemente pubblicata da Arpa Lombardia una relazione sullo stato della qualità dell’aria nelle Prealpi lombarde. Lo studio, effettuato nell’ambito del “Progetto Supersiti” dell’Agenzia, riguarda l’area di Moggio e si basa sui dati rilevati dal 2006 dalla stazione di rilevamento sita in località Culmine di San Pietro, a 1196 metri di quota, e sulla campagna di approfondimento per la speciazione del particolato atmosferico lì condotta nel 2020.

Nata per il monitoraggio dell’ozono ai fini della protezione della vegetazione e poi integrata per il monitoraggio di NOX, NH3, PM10 e PM2.5, la centralina di Moggio domina come una sentinella sulla pianura lombarda e, grazie alla sua posizione strategica e quasi unica nel suo genere, offre un quadro accurato dello stato di qualità dell’aria nella fascia prealpina.

Circondata da boschi e lontano da fonti emissive dirette, nei mesi più freddi dell’anno (da novembre a febbraio) la stazione rimane spesso al di sopra dello strato limite di rimescolamento, rilevando valori molto inferiori non solo a quelli misurati altrove, ma anche a quelli misurati nella stessa stazione in periodi più caldi. In estate, infatti, lo strato di rimescolamento – quella sorta di “coperchio” che nei periodi freddi blocca gli inquinanti a pochi metri dal suolo – si alza, consentendo agli inquinanti emessi in pianura di raggiungere la centralina, posta sottovento.

Tra gli inquinanti monitorati, quello che presenta le maggiori criticità è l’ozono, che si forma in atmosfera a partire da sostanze emesse anche molto lontano. Già dalla sua installazione, nell’agosto 2006, la centralina di Moggio è spesso il punto con le maggiori concentrazioni di questo inquinante di tutta la Lombardia, con valori ben sopra dei limiti normativi.

Nel 2019, a fronte di un massimo numero di 25 giorni oltre la soglia di protezione della salute (120 µg/m3 max media mobile 8 ore), a Moggio sono stati registrati 117 giorni di superamento; nel 2020 sono stati 116. Tuttavia, l’andamento giornaliero dimostra che in quest’area l’origine dell’ozono non è locale. Infatti, a differenza di quanto accade nelle altre stazioni, non si rileva il tipico andamento a campana dovuto alla sua formazione nelle ore a maggiore irraggiamento solare, ma i valori maggiori vengono bensì raggiunti verso le ore serali o notturne a causa del trasporto dalla pianura.

Riguardo al PM10, a Moggio le concentrazioni medie annuali sono invece tra le più basse di tutta la regione e in controtendenza rispetto all’andamento stagionale canonico del particolato atmosferico, con valori generalmente maggiori da marzo a settembre, mesi in cui l’inquinamento prodotto nelle aree di pianura, seppur diluito, riesce a raggiungere il sito prealpino. Durante l’inverno, invece, l’inquinamento è bloccato a quote più basse e i valori misurati in quota rimangono molto contenuti.

Anche l’approfondimento condotto dal 15 novembre 2019 al 31 luglio 2020 conferma il quadro pluriennale, evidenziando che nei mesi estivi la composizione del particolato è molto simile ai siti rurali di pianura. In inverno, invece, i principali componenti non risentono delle emissioni del bacino padano e fanno registrare concentrazioni contenute, a differenza di quanto rilevato a quote più basse.

Per quanto poco accentuata, si registra una presenza di levoglucosano, tracciante della combustione della biomassa, mentre i valori di Benzo(a)pirene si mantengono sempre su valori limitati, spesso sotto il limite di rilevabilità strumentale.

 

 

 

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