La poco felice esperienza dell’Unione dei Comuni in Valsassina aprirà le porte alle future Fusioni fra i piccoli enti locali?
Durante la mia ventennale esperienza di pubblico amministratore ho cominciato ad occuparmi di Unione dei Comuni, capendo che aria tirava, fin da quando si parlava e si discuteva animatamente per dividere il territorio della attuale Comunità montana in due enti distinti, uno a monte e l’altro a lago del massiccio della Grigna, andando evidentemente in direzione opposta, ostinata e contraria alla volontà di aggregazione manifestata dagli amministratori più lungimiranti.
Quando ci sono di mezzo mai domi interessi contrastanti è sempre difficile superare la mentalità e i confini del proprio orticello, oltre che la seduzione del possibile e immediato profitto: è infatti più facile dividere che unire…
Per gli enti pubblici locali erano gli anni del “Piccolo è bello” ma l’idea fortunatamente fallì: ancora oggi, però, in nome di un campanilismo duro a morire c’è chi non disdegnerebbe di separarsi e non solo amministrativamente dalla montagna interna, adducendo motivazioni sostanzialmente legate al personalistico “sfruttamento” delle maggiori opportunità turistiche del più soleggiato, mite e accogliente versante della riviera: non è un segreto che i turisti stranieri durante l’estate preferiscano il lago, anche se certamente non trascurano il Pioverna e i percorsi escursionistici e alpinistici dei nostri monti.
In questo poco favorevole contesto “culturale” si sono mossi i primi tentativi di Unione dei comuni sul nostro territorio che, salvo lodevoli eccezioni, hanno issato bandiera bianca: la roba ha infatti funzionato finché sono arrivati i maggiori contributi previsti per l’avvio delle Unioni stesse.
Archiviata la problematica esperienza in Centro Valsassina che riuniva i comuni della Valpiana, dopo ampio dibattito e approfondito confronto sul tema, risulta che almeno nel prossimo futuro gli amministratori locali non intendano avventurarsi nuovamente su questo percorso che ha prodotto delusione e disincanto soprattutto fra chi forse pensava di far quadrare e miracolosamente rifiorire i propri bilanci.
Vista l’indifferibile esigenza di tenere sotto controllo la spesa pubblica, personalmente credo che la strada da seguire sia piuttosto quella della Fusione: creando un nuovo comune si uniscono le forze senza far perdere ai comuni aderenti le rispettive quanto residue identità storico-culturali. Con le Unioni, invece, si era creato un nuovo Ente di secondo livello che ha evidentemente appesantito la gestione generale della Macchina, senza far incassare alcun apprezzabile quanto atteso beneficio economico.
Così la pensava più di qualcuno fra i diretti interessati tant’è che l’Unione, per i noti motivi, dopo soli cinque anni si è sciolta nel 2016.
Le Fusioni possono invece andare bene a tutti perché il nuovo comune con organici rimpolpati dai nuovi arrivi potrebbe fornire ai cittadini servizi più efficienti e di qualità, garantendo un migliore assetto organizzativo agli stessi uffici ma anche maggior peso alla interlocuzione degli amministratori locali con i comuni più grandi e nei confronti delle politiche pianificate e poste in essere dagli enti sovraccomunali.
Non sarà una strada tutta in discesa neppure questa ma credo vada seriamente sperimentata prima che scelte non condivise siano calate dall’alto, dal legislatore nazionale o regionale.
Claudio Baruffaldi