Quando arrivai in CM correva l’anno 1991 e non iniziai la mia esperienza dal gradino più alto del podio, che lo scranno era già occupato: cominciai da vice presidente con delega alla pubblica istruzione e materie sociali.
Per avere il posto non ho dovuto battermi e il perché è presto detto: erano gli anni delle prime razionalizzazioni scolastiche e con gli alunni in diminuzione su tutto territorio, le competenti autorità riducevano il numero dei plessi e più di un paese rischiava di restare senza la sua comoda scuola, a due passi da casa. Qualche aspirante assessore, alla ricerca di facili allori ma vista la mal parata, rinunciò presto.
Ricordo, infatti, assemblee infuocate in ogni angolo della CM, mamme arrabbiate e papà che tenevano bordone con i nonni al seguito a dar manforte: meglio stare fuori dalla mischia, pensò più di qualcuno. Avendo in tasca studi pedagogici, non mi sottrassi.
Dicevo che iniziai da vice e vi fu chi me lo ricordò prontamente che non ero il Capo, facendomi trovare sulla scrivania un eloquente cartello, in bella vista. Vicarius: vir invisus, sine auctoritate, umbra superioris, res inutilis. Traduco per chi non avesse dimestichezza con il latinorum. ‘Vicario: uomo malvisto, senza autorità, ombra del Principale, cosa inutile’. Questo fu il mio inizio e se il buon giorno si vede dal mattino… ma non mi sono risentito e neppure ho indagato.
In quel periodo non ho, infatti, mai saputo di chi fosse la manina gentile che allora rimase furbamente nell’ombra e tantomeno si manifestò quando da lì a poco diventai presidente: mi avrebbe invece fatto piacere disquisire con lui della sottile distinzione che esiste fra Vice e Vicario e vedere se la conosceva: questioni di lana caprina, che hanno diritto di cittadinanza solo sugli alpeggi verso la Grigna magari davanti a una fumante taragna e in buona compagnia.
Dico questo per rammentate a chi ha poca memoria e gradirebbe solo Acclamazioni che non esistono periodi facili nella gestione della Cosa pubblica e nemmeno “red carpet” per gli amministratori di turno, nemmeno a casa nostra. Ogni età ha le sue grane e le sue criticità e bisogna farsene una ragione: lavorare molto, sapendo che medaglie poche o nulla e applausi solo qualche volta e solo se l’obiettivo è centrato.
Se invece si portano a casa solo 13 milioni di euro su 20 per fare una strada attesa da 40 anni, c’è qualcosa che non va e il Popolo rumoreggia e ne ha ben donde e pure si chiede quale ruolo stanno recitando gli Enti sovraccomunali operanti in Valle.
Ieri come oggi: anche quando la palanca girava di più, c’era sempre chi non era soddisfatto, aveva da dire e brigava dietro le quinte. Allora, però, si “litigava” per la polpa mentre oggi mi pare ci si accontenti di addentare l’osso e non è la stessa cosa. E non tutto fila liscio.
Leggo di polemiche sulla gestione del centro vaccinale nei pressi della CM dei giorni nostri, mentre poco prima l’oggetto degli strali della critica era il misterioso museo che da quelle parti si apre “semel in anno” o poco più ma non sono mancate reazioni piccate neppure sulla carente manutenzione alla splendida ciclopedonale che attraversa tutta la Valsassina, partendo proprio da Prato Buscante.
Il “cahier de doleances” potrebbe facilmente allungarsi ma mi fermo qui perché lo scopo del mio scritto non è di rincarare dose e nemmeno di indorare la pillola: vorrei solo vedere avviarsi a soluzione qualche problematica che staziona da “lontemps” sui cosiddetti tavoli che contano (poco?) e mi riferisco anche ai nodi viabilistici che ancora non si sono sciolti ma che quotidianamente condizionano la qualità della nostra vita e dunque dello sviluppo socioeconomico della Valsassina, accoglienza turistica compresa.
Morale della favola. Non basta più la sola Lecco-Ballabio a far da foglia di fico e da coperchio ad ogni mancato obiettivo: ci sentiremo cittadini e contribuenti di serie “A” solo se, al momento giusto, anche noi potremo nuovamente e adeguatamente attingere al ben fornito e capiente salvadanaio del quadrifoglio Lombardo. Del resto son anche soldi Nostri.
Claudio Baruffaldi