DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA 5ª DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DEL PRECURSORE



Nel Vangelo di oggi Gesù viene interrogato da un dottore della Legge, un fariseo, su cosa dovesse fare per avere la vita eterna. L’intenzione era quella di metterlo alla prova, ma Gesù coglie l’occasione per affermare ancora una volta come il comandamento dell’amore riassuma tutta la Legge, unendo in modo ormai inseparabile l’amore di Dio e l’amore del prossimo.

“Ma chi è il mio prossimo?”, chiede quel maestro.

E Gesù risponde con la parabola del buon samaritano.

Raccogliamo alcune considerazioni.

Anzitutto guardando al sacerdote e al levita che non si fermano a soccorrere il malcapitato ma passano oltre, ci dicono che fare il bene non è proprietà dei religiosi o dei credenti; anzi a volte sono proprio loro quelli che voltano la faccia dall’altra parte. Non è sempre così, perché ci sono esempi di generosità anche da parte di tanti cristiani, ma riconosciamo la fatica che facciamo a prenderci cura degli altri e lasciamo che questo richiamo Gesù lo rivolga anche a noi.

Fra samaritani e Giudei i rapporti erano fortemente ostili, eppure Gesù sceglie proprio un samaritano per soccorrere quel malcapitato. Le diversità di famiglia, di partito, di patria innalzano spesso delle frontiere, e i giudei non sono stati i soli ad escludere gli stranieri.

Riconosciamo l’esempio che tante volte riceviamo da persone che non sono “dei nostri” e che sanno invece superare le barriere che noi erigiamo e farsi prossimi agli altri.

A Gesù il dottore della Legge chiese: “Chi è il mio prossimo”, e Gesù risponde dicendo: “Sii tu prossimo all’altro”.

È il rovesciamento portato da Gesù che ci invita a metterci a servizio degli altri non secondo le nostre preferenze, ma a misura del loro bisogno: è farsi prossimi ad ogni uomo di cui si incontra l’afflizione.

Papa Francesco ci ricorda spesso l’importanza di guardare l’altro, di non avere paura di toccarlo, di prendersi cura di lui secondo il suo bisogno.

Significativa la testimonianza di un profugo che lasciando la famiglia che lo aveva accolto l’ha ringraziata per avergli dato fiducia prima ancora di conoscerlo.

È quello che fa il Signore con noi: Lui, primo samaritano della nostra povera umanità.

Ed è come se ci ripetesse: “Voi mi chiamate Signore e Maestro, e dite bene, Dunque come ho fatto io, così fate anche voi”.

Don Gabriele
Vicario Parrocchiale

 

 

 

 

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