Il Vangelo di oggi ci propone il mandato missionario di Gesù ai suoi apostoli. Meraviglia anzitutto che dopo il rimprovero per la loro incredulità, Gesù abbia ugualmente dato a loro il mandato di annunciare a tutti il Vangelo. Questo comunque è incoraggiante perché vuol dire che tutti possono annunciare il Vangelo. A volte è proprio da una vita rovinata dal peccato e dal male che si eleva più forte e più convinta l’invocazione a Gesù salvatore, nostra unica speranza.
L’essere missionari di Gesù non è una professione che si studia e si esercita come un mestiere; nasce da una esperienza di vita con Lui. E quando questa esperienza è autentica: sia di gioia o di perdono, o di dolore, allora prorompe dal cuore il desiderio di annunciarlo ad altri.
Ma perché sacrificarsi per annunziare Gesù Cristo morto e risorto quando tutte le religioni sono buone per la salvezza?
Perché parlare di religione a chi non vuole assolutamente che gli si parli di Dio e della vita eterna? Quante obiezioni contro la missione della Chiesa nel mondo!
La storia, secondo i criteri umani, ci condanna.
La proclamazione del Vangelo non ha messo fine alle guerre, alla corruzione, all’oppressione dei poveri. Là dove c’è una guerra, dove c’è corruzione, dove i poveri sono ancora schiacciati dai ricchi e dai potenti, là ci sono i cristiani.
E allora, dov’è la forza dirompente del cristianesimo come ci fa intuire il Vangelo di oggi?
Dov’è la forza dello Spirito per cambiare questo mondo?
Abbiamo bisogno di ritornare alla semplicità e autenticità del Vangelo, come pure abbiamo bisogno di metterci in ascolto profondo e vero di ogni uomo e del mondo.
Oggi un malinteso rispetto per la libertà di ciascuno ci fa tacere il tesoro della nostra fede: per superare questo atteggiamento il nostro Vescovo ci suggerisce di pensare che siamo debitori di speranza verso gli altri.
Però, senza trionfalismi: già Pietro scriveva ai primi cristiani: “Sappiate rendere ragione della speranza che è in voi, ma fatelo con dolcezza e rispetto”.
La Missione sembra un argomento lontano da noi, mentre invece si gioca anche nelle nostre stesse famiglie, nella educazione dei figli, nel confronto fra chi crede e chi no.
Ma il bisogno di annunciare Gesù nasce in noi se con Pietro possiamo dire: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale