DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA 6ª DOMENICA DOPO L’EPIFANIA



Ancora uno straniero, un samaritano, ancora più odioso, agli occhi dei giudei, del centurione romano di domenica scorsa; ma Gesù lo propone come esempio agli ascoltatori presenti. Sullo sfondo di questo Vangelo sta la consapevolezza del popolo ebreo di essere il popolo dell’alleanza, prescelto da Dio, ma questa consapevolezza non genera gratitudine, bensì presunzione: erano discendenti di Abramo, dunque era loro diritto essere ascoltati e guariti.

Non sappiamo perché Gesù, diversamente da altre volte, non tocca questi dieci lebbrosi, ma li invia ai sacerdoti perché costatino la loro guarigione e li riammettano nella comunità: verrebbe da pensare che è nell’ordinarietà che devi accorgerti del bene ricevuto e ringraziare.

Neppure ci aspetteremmo da Gesù la pretesa di essere ringraziato, Lui che aveva insegnato “non sappia la tua mano destra quello che fa la sinistra”: in realtà Gesù parla di “rendere gloria a Dio”, ed è quello che Lui stesso a volte faceva esplicitamente, come alla risurrezione di Lazzaro, per condurre gli uomini al Padre, fonte di ogni bene.

“Andate a presentarvi ai sacerdoti”: tutti andarono, rivelando così la loro fede nella parola di Gesù.

E tutti vengono guariti, ma uno solo torna a ringraziare e solo a quello Gesù può dire: “La tua fede ti ha salvato”.
Dove sta la differenza fra la fede di questo straniero samaritano e quella degli altri nove?

Se immaginiamo il nostro rapporto con Dio servendoci dell’esempio di quello che accade fra noi possiamo dire:

• la fede, cioè il rapporto con Dio dei primi nove, è fatta del “mi è dovuto”, senza percezione chiara del dono e quindi della paternità di Dio, senza ringraziamento (che è immensamente di più che questione di buona educazione): è il sentirsi “al centro”, quello che chiamiamo “egoismo”;

• mentre la fede dello straniero riconosce il dono, ringrazia: e il suo ringraziamento è immensamente di più che un gesto di buona educazione, perché è glorificare la paternità di Dio.
Il Vangelo di oggi ci invita dunque a saper ringraziare:

• anzitutto in famiglia e con le altre persone, non solo per buona educazione, ma considerando anche quanto a loro è costato ciò che ci viene donato, anche nell’ordinarietà delle cose di ogni giorno;

• ringraziare il Signore perché riconosciamo in Lui la fonte di ogni bene.

Un esempio concreto può riguardare quando riceviamo la Comunione: ci chiediamo solo se è tanto che non ci confessiamo, o consideriamo anche quanto è costato a Gesù quel pane consacrato che ci offre? E’ solo così che ci si sente amati e che scaturisce il “Grazie”.


Don Gabriele

Vicario Parrocchiale

 

 

 

 

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