Domenica scorsa il Vangelo si concludeva con i Giudei che raccolsero pietre per scagliarle contro Gesù; anche oggi, sia pure in modo meno drammatico, il Vangelo ci parla dei Giudei che cacciarono fuori il cieco guarito dalla Sinagoga. Perché accadde questo? Gesù aveva operato il miracolo in giorno di sabato: ne nacque una discussione fra i Giudei e il cieco guarito: può venire da Dio uno che non osserva il sabato?
Mentre il cieco si atteneva al fatto che gli era capitato: “Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”, i Giudei giudicavano secondo i loro pregiudizi: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”.
Il Vangelo ci lascia come un senso di delusione: possibile che quei Giudei, e perfino i genitori di quell’uomo, non siano stati capaci di liberarsi dai propri pregiudizi e paure, e riconoscere Gesù come inviato da Dio?
Raccogliamo qui il primo insegnamento: anche noi oggi possiamo costatare quale drammatica cecità possono generare i pregiudizi con i quali giudichiamo fatti e persone.
Ma la pagina di Vangelo più che sul miracolo è tutta incentrata sulla persona di Gesù.
Già nel miracolo c’è un particolare molto significativo: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe che significa inviato”, e questo inviato è Gesù, inviato dal Padre.
La discussione che ne segue riguarda proprio Gesù: se viene o no da Dio; ma soprattutto Gesù è al centro dell’incontro finale con il cieco guarito: “Credi tu nel Figlio dell’Uomo?”. “Credo Signore, e gli si prostrò innanzi”.
Partendo dunque dalla potenza di Gesù di compiere un miracolo “mai udito da che mondo è mondo”, il Vangelo ci conduce al riconoscimento di Gesù stesso.
Alla gioia di quell’uomo per la vista ricuperata, ma adombrata di delusione per essere cacciato da tutti, immaginiamo la consolazione e la gioia nell’incontro finale con Gesù.
Raccogliamo qui il secondo insegnamento di questo Vangelo: i doni materiali, rappresentati dal dono della vista, sono certamente cose belle e necessarie, ma anche soggette a delusioni e amarezze; il nostro cuore desidera di più: qualcosa, o meglio qualcuno capace di raggiungerci nel profondo delle nostre delusioni e solitudini e darci una nuova e sicura speranza.
Si dice che la salute, come la vista, è la cosa più importante: che sia importante è vero, ma più importante ancora è la fede: cioè l’amicizia che Gesù ti offre: Lui che, inviato dal Padre, è il segno dell’amore del Padre verso ciascuno di noi.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale