DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA QUINTA DOMENICA DOPO PASQUA



Il Vangelo di questa domenica ci riporta nell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, ed esattamente quando Giuda uscì per dare compimento al tradimento di Gesù. Immaginiamo la fatica degli apostoli a comprendere queste parole di Gesù che parlava di glorificazione subito dopo aver parlato di tradimento. Come intendere questa parola “glorificazione”?

Alla luce della Pasqua, cioè della sua morte e risurrezione, Gesù lascia certamente intendere che la risurrezione sarà la glorificazione che il Padre opererà per lui.

Ma come può dire adesso, prima della sua risurrezione, che “Ora il Figlio dell’uomo, cioè Gesù, è stato glorificato, e Dio, cioè il Padre, è stato glorificato in Lui”?

Come può essere che la Croce, che parla di sconfitta e di morte, sia invece ragione di glorificazione?

Solo l’amore può operare questo capovolgimento.

Una bella orazione di questo tempo pasquale dice così: “Dio, che hai risollevato il mondo con l’umiliazione del tuo Figlio”:

Sta qui la gloria di Gesù e del Padre: nella nostra salvezza.

Troviamo un riflesso di questo tipo di gloria nella gioia di genitori che salvano un figlio, altrimenti perduto, attraverso i propri sacrifici e umiliazioni.

La salvezza di cui qui parliamo non è come quella del casco che ti protegge da una caduta; il casco è una cosa materiale che ti protegge da un male materiale.

La salvezza di cui qui parliamo è la guarigione del cuore, il suo cambiamento, e questo lo si ottiene non con l’’imposizione, ma lo si offre, lo si suscita con il proprio sacrificio vissuto unicamente per amore.

È stato così il sacrificio di Gesù sulla Croce per noi: un gesto di amore totalmente offerto, donato senza alcuna condizione o pretesa, desideroso soltanto di giungere al nostro cuore e di suscitare in noi il desiderio di un cambiamento profondo: non a partire dalla sua voce minacciosa e gridata – c’è anche questo nel Vangelo –, ma dalla sua umiliazione.

Gloria di Dio non è il nostro comportarci bene per la paura del castigo, ma il cambiamento umile e sincero del cuore.

Camminavamo orgogliosi, e il Padre ci ha fatto dono di inciampare, con la nostra altezzosità, nell’umiliazione di Gesù, nella sua umiliazione e morte innocente.

La nostra salvezza è la ragione che ha mosso Dio che “ha tanto amato il mondo da dare per noi il suo Figlio unigenito”.

E se noi accogliamo questo suo amore e vi corrispondiamo con il cambiamento del nostro cuore, tutto questo diventa, per Dio, motivo di gloria e di gioia: come il Padre che può riaccogliere in un abbraccio il figlio che si era perduto.


Don Gabriele

Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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