DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA SESTA DOMENICA DOPO PASQUA



Il Vangelo di questa domenica è come una preparazione alle prossime feste dell’Ascensione e della Pentecoste. Raccogliamo alcuni pensieri. Anzitutto Gesù parla di “cose che ha ancora da dire, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. La cosa difficile da comprendere e da portarne il peso è soprattutto la sua morte. Viene in mente Giobbe, quando la moglie gli dice: “O stupido, stai morendo e ancora benedici Dio!?”.

Oppure ripensiamo al rimprovero di Pietro a Gesù “Questo non ti accadrà mai”, o a quando, nella sera del suo arresto, tentò di difenderlo con la spada.

Non succede anche a noi di ragionare così quando non capiamo il silenzio di una persona (genitore o altro) ingiustamente offesa?

Il nostro non capire è perché chi tace sbaglia, o siamo noi incapaci di entrare nelle ragioni del suo silenzio, motivato non da debolezza o paura, ma dall’amore?

Per entrare a conoscere questo amore di Gesù e del Padre per noi non basta conoscere il catechismo, occorre il dono dello Spirito che ci mette in sintonia con i sentimenti di Dio e che, da parte nostra, possiamo accogliere solo nell’umiltà, nel silenzio e nella riflessione.

Gesù parla anche di “ancora per poco” in cui i discepoli lo vedranno, e di “ancora un poco” in cui poi lo rivedranno: è chiaro il riferimento alla sua morte e poi alla sua risurrezione.

Il Vangelo ci parlerà della tristezza, della delusione e della paura che provarono i discepoli alla morte di Gesù, ma ci dirà anche la loro incredulità davanti allo stupore di vederlo risorto.

È Gesù stesso che ci dice come la sua risurrezione sarà fondamento di fede e di gioia per i suoi discepoli e quindi anche per noi, e portando l’esempio del dolore prima, e della gioia poi, della donna che dà alla luce un bambino, ci invita a superare le difficoltà inevitabili della vita fondando la nostra speranza nella sua persona e nella sua promessa: “Sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in una gioia che nessuno vi potrà più togliere”.

Per accogliere queste parole non basta sentirle, e neppure crederle; quando si è nel dolore ci sembrano parole tanto lontane e non possibili e vere.

Accoglierle così che diventino vita nella nostra vita richiede spesso un cammino lungo sostenuto dal dono dello Spirito e accolto, ancora una volta, nell’umiltà e nel silenzio.

Essere cristiani non è opera nostra in nessuna delle cose che facciamo, ma è lasciarci animare e condurre dallo Spirito.


Don Gabriele

Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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