PASTURO – Riceviamo e pubblichiamo una nuova presa di posizione di un nostro lettore sull’argomento scottante della possibile costruzione di un centro commerciale nella piana di Pasturo.
Entrando a Pasturo si viene accolti da un cartellone diverso dagli altri: non una qualsiasi pubblicità ma un bianco e nero di Antonia Pozzi, accompagnato dai primi versi della sua poesia Ritorno serale. Sono poche parole, che esprimono con quieta dolcezza la profondità del legame affettivo che univa Antonia, milanese, alla Valsassina.
Antonia scoprì di appartenere a questa valle, alla sua dolcezza, alla semplice familiarità delle sue genti, al punto da esprimere nelle sue ultime volontà il desiderio “di essere sepolta a Pasturo, sotto un masso della Grigna (…)”.
Pur non “valsassnàt” di nascita, la poetessa ha fatto della valle sua terra d’adozione, innamorandosene e ricercandone lo spirito, celebrandolo con la poesia.
“Tornare al nido“: questo era per Antonia il ritorno a Pasturo. Nel grembo della valle la poetessa trovava respiro dalla “crudele oppressione” dei suoi anni.
Le oppressioni, come i tempi, sono ora cambiate. Oggi opprime l’ostinata e inarrestabile avanzata del cemento; l’ossessione al consumo inteso come diritto; la massificazione commerciale che uccide socialità e diversità, diversità intesa come peculiarità dei luoghi e delle tradizioni, come qualità dei rapporti con l’altro, come ricchezza degli ambienti naturali sacrificati per fabbricati e parcheggi.
Il centro commerciale appare come la sintesi di queste privazioni: un Moloch uguale a se stesso in tutto il mondo, un mostro alloctono che fagocita la piccola fauna locale; un tempio i cui sacerdoti sono spersonalizzati o sostituiti da macchine, edificato sulla nemesi della natura e incurante della sua stessa morte.
Sì, sono brutti anche gli attuali capannoni, ma aggiungere bruttezza a bruttura non è certo accettabile. Quei capannoni sono figli di altri tempi, altri bisogni, necessità e consapevolezze: sono lasciti di una storia, storia non brutta e da conoscere, ma non necessariamente esempi.
“Mi ritroverete in tutti i fossi che ho tanto amato”: proseguono così le ultime volontà di Antonia Pozzi. Lo spirito della poetessa non sarà da ricercare tra scaffali, reparti, insegne luminose e parcheggi, ma tra umili fossi. Questa ricchezza, fragile e inestimabile, questo amore per gli umili fossi è il discrimine che può salvare la valle da tutto il resto. Preserviamola.
Che sia, ancora e a lungo, un “tornare al nido”.
Lettera firmata