DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA DOMENICA DI PENTECOSTE



La festa di Pentecoste che oggi celebriamo è il compimento della promessa di Gesù di donare lo Spirito Santo, ed è la festa della nascita della Chiesa. Il dono dello Spirito Santo. Ricordando la stessa incarnazione del Figlio avvenuta “per opera dello Spirito Santo”, possiamo dire che lo Spirito è colui che porta nel mondo la stessa vita di Dio.

Lo ha fatto per Gesù in Maria, ma lo fa per ogni uomo che accoglie Gesù. Principalmente nei sacramenti che riceviamo.

Come tutti potrebbero dire ad un uomo “papà”, ma solo chi ne è figlio lo può chiamare così con verità, così solo coloro che hanno in sé lo Spirito Santo possono dire con verità a Dio “Padre nostro”.

D’altra parte anche chi ha ricevuto il dono dello Spirito può dire queste parole distrattamente: da qui l’urgenza di ricuperare la consapevolezza della nostra fede.

È vero che lo Spirito Santo è una realtà permanente in noi, ma abbiamo bisogno di lasciare che questa sua presenza emerga alla nostra consapevolezza.

Un suggerimento: perché questo possa avvenire abbiamo bisogno di iniziare ogni nostra preghiera prendendo coscienza, con calma e in silenzio, che siamo davanti a Dio o alla Madonna: e già questo è preghiera.

La nascita della Chiesa. Il Vangelo poi ci suggerisce anche un modo particolare di come sperimentare e verificare la presenza dello Spirito in noi: quello dell’amore fraterno: “Se vi amate, osserverete i miei comandamenti e io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore”.

L’amore fraterno, come ce lo chiede Gesù, va oltre la simpatia naturale e ci impegna nella fatica di amare anche chi è diverso da sé; ma poi genera in noi la gioia e la consolazione di avere gli stessi sentimenti di Dio, Padre di tutti.

Per questo Gesù dice ai suoi discepoli: ”quello Spirito che il mondo non conosce, voi invece lo conoscete”: lo conosciamo quando facciamo una esperienza di vera fraternità.

Dovrebbe essere questa l’esperienza della nostra appartenenza alla Chiesa, ma ben sappiamo quanto sia difficile.

E’ sempre presente e forte la tentazione di costruire la Chiesa a modo nostro, mentre sono diversi i modi che ci dice Gesù: non vantarsi, lasciare che ti considerino servo inutile, rispondere con il bene al male che ricevi, amare i nemici e (perfino!) i tuoi fratelli di fede.

E‘ questa la Chiesa che attrae: non è quella delle opere sociali o d’arte, ma quella dell’umiltà, che si presenta al mondo come Chiesa di uomini e donne che camminano a testa alta, senza sfrontatezza, non per la propria bravura, ma perché amati e perdonati dal Signore.


Don Gabriele

Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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