Possiamo ricollegare il Vangelo di oggi alla sentenza di Gesù che abbiamo ascoltato domenica scorsa: “Quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze entrare nel Regno di Dio: sarebbe più facile ad un cammello passare per la cruna di un ago”. La parabola che oggi Gesù ci propone non è una condanna della ricchezza in quanto tale, ma è un ammonimento riguardo all’uso egoistico che se ne può fare.
Quello che la parabola condanna è il modo di come il ricco vive la sua condizione: in una ricchezza totalmente chiusa in se stessa, e assolutamente cieca e indifferente al bisogno degli altri.
Nella parabola Dio ci fa capire di essere il garante della giu-stizia: “Tu hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti”.
Così questo Vangelo ci conferma che c’è una vita futura nella quale troverà compimento la giustizia di Dio.
Se liberiamo le parole “ricchi” e “poveri” dalla demagogia e dalla violenza, che peraltro interessano entrambe in modi diversi, rimane che i poveri sono sempre un fastidio allo star bene dei ricchi: questo vale ancora oggi, a livello personale e nel rapporto fra i popoli.
Questa differenza fra ricchi e poveri è una separazione che Gesù ha superato nel modo più radicale possibile: “Egli, da ricco che era, si fece povero per noi”, dirà San Paolo.
A questo modo ci ha indicato una strada non di rivendicazioni sociali, ma di una uguaglianza che nasce dalla fraternità: l’uguaglianza senza la fraternità rispecchierà sì la giustizia, ma sarà sempre senza amore.
Anche il brano di lettera ai Romani della seconda lettura è tutta una raccomandazione ad avere rapporti sinceri di carità e di fraternità.
Questa parabola ci sprona a non lasciarci stordire dalle nostre ricchezze materiali: quante volte anche noi ci costringiamo a ridere fingendo di divertirci, e per questo abbiamo bisogno sempre di più: è la drammatica povertà nostra e dei nostri giovani, pieni di cose e poveri di vera gioia.
Ci insegna anche ad ascoltare il grido dei poveri e ci richiama all’importanza della vita presenta nella quale ci giochiamo il nostro destino futuro.
“Hanno Mosè e i Profeti: ascoltino loro”: non attendiamo un avvertimento più clamoroso di quello che oggi abbiamo udito da Gesù.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale