CENT’ANNI FA FRATEL FELICE TANTARDINI SBARCAVA IN BIRMANIA. QUESTA SERA A INTROBIO UN MOMENTO DI PREGHIERA



INTROBIO – Ricorre quest’anno il centenario della partenza di fratel Felice Tantardini per la Birmania. Era il 2 settembre 1922 quando salpò da Venezia assieme ad altri due missionari, padre Vincenzo Marcuzzi e fratel Sandro Perico. Il viaggio per mare durò quasi un mese. In una ventina di giorni i tre arrivarono a Bombay e dopo una breve sosta per visitare le missioni dell’India affidate al Pime si imbarcarono a Calcutta e in tre giorni raggiunsero Rangoon, dove li attendeva padre Bartolomeo Peano che il giorno dopo li accompagnò in treno a Toungoo.

Con queste parole fratel Felice raccontò il suo arrivo in missione fra i cariani della Birmania orientale. “Il 2 settembre 1922 partii da Venezia con gli altri missionari e, dopo diciannove giorni arrivammo a Bombay. Dopo una sosta di alcuni giorni per una rapida visita alle nostre missioni dell’India, c’imbarcammo a Calcutta e in tre giorni fummo a Rangoon, dov’era a incontrarci il p. Peano di s. m. Il giorno dopo il treno ci portò a Toungoo, dove altri padri vennero a darci il benvenuto alla stazione e ci accompagnarono all’episcopio, che era un baraccone di legno con alcune stanzette. La cena era pronta: riso e curry, cioè verdura cotta con carne e salsa piccante. Per far chiaro alla tavola, c’erano due lampade a petrolio: la luce elettrica non si conosceva allora neanche in città. Faceva un caldo afoso, ma io non ci badavo: ero arrivato in missione, e mi sentivo felice” (Il fabbro di Dio, p. 51). Qui trascorre quasi 70 anni, con un solo ritorno in patria per alcuni mesi nel 1956.

Fra popolazioni tribali tormentate da fame, malattie e guerre, fratel Felice fa di tutto: fabbro, falegname, ortolano, agricoltore, meccanico, infermiere, catechista. Viaggia a piedi o a cavallo da una missione all’altra, sotto il sole cocente o le piogge torrenziali, incontrando a volte briganti e guerriglieri, serpenti, tigri e altri animali selvatici. La sua pelle è una corazza. Non usa la zanzariera per dormire: “Se una zanzara mi morsica – diceva – muore”. A letto invece del cuscino usa un pezzo di legno. Oltre al lavoro, fratel Felice prega e recita almeno tre rosari al giorno. “Un amante del ferro, amante dei poveri, un uomo del Rosario” lo definì monsignor Matthias U Shwe.

In occasione di questo importante anniversario, la Commissione Fratel Felice, in collaborazione con la Parrocchia e il Gruppo Missionario di Introbio, organizza un momento di preghiera venerdì 2 settembre alle 20.30 presso la chiesa parrocchiale di S. Antonio Abate. Verrà recitato il rosario missionario curato da padre Giampiero Beretta al termine del quale seguirà la testimonianza di Alessia Paroli sulla sua recente esperienza in terra di missione in Thailandia, un progetto di Giovani e Missione caldeggiato dal PIME. Verrà infine distribuita a tutti i partecipanti l’immaginetta-ricordo del centenario della partenza di fratel Felice.

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