ROMA – La Cassazione ha in sostanza azzerato la maggior parte delle condanne del maxi processo sulla “Rimborsopoli” lombarda ma non ha rivisto la posizione di Corrado Paroli, genero del leghista nostrano Stefano Galli.
In parte per prescrizione, in altri casi riqualificando le accuse le quali risultano così prescritte, la Corte Suprema “ripulisce” i reati a carico di una quarantina di politici imputati per essersi fatti rimborsare con soldi pubblici spese di ogni genere, tra cui pranzi e cene di lusso ma anche acquisti di cartucce da caccia e di gratta&vinci, bibite e videogiochi, per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro in quattro anni.
Tra i fatti che fecero maggior clamore quelli relativi al pasturese Stefano Galli – all’epoca capogruppo della Lega al Pirellone – a cui venne contestata la consulenza da 196mila euro al genero Corrado Paroli e il rimborso di seimila euro per il matrimonio della figlia con lo stesso Paroli. Galli fu condannato a quattro anni e due mesi, la pena più pesante della sentenza, ma è venuto a mancare nell’ottobre dello scorso anno; Paroli a due anni e mezzo.
Dalla ‘revisione’ in Cassazione ne escono prescritti nomi forti quali Massimiliano Romei, Renzo Bossi e Angelo Ciocca – patteggiò invece Nicole Minetti -, mentre proprio il valsassinese Paroli è uno degli unici tre imputati a vedersi confermare la condanna in via definitiva, gli altri due sono Giosuè Frosio e Elisabetta Fatuzzo.
RedCro
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