MILANO – Straordinaria partecipazione alla commemorazione di don Luigi Melesi nel decimo anniversario della morte del cardinal Martini. Sabato, all’Istituto Salesiano S. Ambrogio di Milano, un pubblico vasto, composto da autorità, educatori, ex allievi salesiani, ex detenuti, amici della famiglia allargata di don Luigi, si è ritrovato a commemorare e ricordare don Luigi Melesi nel decimo anniversario della morte del Cardinal Martini.
Il tema dell’evento – Martini Melesi, due amici per la giustizia – evidenzia da subito il contenuto della giornata. Ce ne parla Valerio Ricciardelli, originario di Esino e coordinatore per la cura della memoria di don Melesi.
Ambrosianità e salesianità, impersonati da due giganti, come sono stati definiti nelle testimonianze in un periodo storico di grande eccezionalità, costruite sul tracciato del metodo preventivo di don Bosco, sono state oggetto del racconto di autorevoli relatori. Ha esordito Ernesto Balducchi, ex esponente di Prima Linea, lo stratega del procedimento di resa dei responsabili della lotta armata e di consegna delle armi al Cardinal Martini, atto fondamentale per porre fine a quel tragico periodo.
Luigi Pagano, all’epoca direttore del carcere di S. Vittore, un testimone unico di quei tempi che ha messo le sue memorie e le sue riflessioni di uomo delle istituzioni in un impegnativo libro dal titolo: Il Direttore, ha raccontato la complessità e la pericolosità in una emergenza continua. Di quel periodo ha evidenziato la sottile e determinata strategia di don Melesi, aiutando e collaborando con il cardinale, per aprire un dialogo con quegli irriducibili. Raccontò di un episodio poco noto, quando alla fine di una messa in carcere con il cardinale, fu liberata una colomba bianca sopra l’altare che lasciò tutti esterrefatti. Fu un gesto simbolico ma profetico, ben preparato da don Melesi all’insaputa di tutti, ma che accelerò il processo di svolta.
Di seguito la testimonianza di Antonella Brambilla magistrato dei minori, già testimone in altra occasione, che raccontò come la conoscenza di don Melesi cambiò completamente la prospettiva del suo lavoro di magistrato.
Marco Garzonio, profondo conoscitore e biografo di Martini, è riuscito a contestualizzare alcuni episodi in una visione più ampia di quel periodo storico, sull’onda lunga di un processo di riconciliazione, che parte dal carcere per giungere al grande evento del convegno di Basilea nel 1989, la prima occasione dopo secoli per un incontro fra tutte le Chiese cristiane d’Europa. Sempre Garzonio ha evidenziato un aspetto che finora era sfuggito: la necessità del cardinale, in virtù dello stato di immunità di cui disponeva, di proteggere don Melesi dal rischio di eventuali possibili incriminazioni. Va infatti detto che le armi in arcivescovado furono consegnate, in modo molto rocambolesco, da don Melesi assieme a un brigatista e le autorità giudiziarie dell’epoca non furono molto contente che i responsabili della lotta armata riconoscessero come unica autorità con cui conferire l’arcivescovo di Milano.
Era quindi evidente che lo stratega di questo processo di svolta storica era don Melesi, che poi agiva anche nella operatività ma concordando con il suo cardinale ogni scelta, semplice o pericolosa che fosse. Al conferimento a don Luigi della laurea honoris causa ebbe infatti a dire: “in fin dei conti devo essere grato a don Bosco perché mi ha protetto e non sono saltato per aria nei campi minati dove mi aveva mandato a operare”.
A seguire la testimonianza di Adolfo Ceretti, docente di criminologia, uno degli uomini chiave del percorso di giustizia riparativa, nel ruolo di mediatore tra vittime e colpevoli. Il professor Ceretti ricorda parte di quel cammino complesso, ben raccontato nella pubblicazione Il libro dell’incontro, di cui è coautore, che avvia un radicale cambio di paradigma storico dove non ci si potrà più fermare a una idea di giustizia che si esaurisca nella pena inflitta ai colpevoli.
L’ultimo intervento è toccato a don Danilo Bessi, giovane sacerdote della comunità di S. Egidio di Milano, dottore in ricerca con una tesi su Carlo Maria Martini educatore. Don Danilo è l’unico finora che ha avuto modo di consultare le carte private di don Luigi, confermando la contestualizzazione storica di alcuni passaggi riportati da Garzonio. Infatti è don Danilo che racconta i drammatici funerali dell’ingegnere Gabriele Cagliari, presidente dell’Eni, suicida in carcere e molto legato a don Melesi. Fu il cardinale, che si trovava a Parigi, a chiedere a don Luigi di celebrare i funerali, e don Melesi fece un’omelia dirompente. Quando Martini tornò e la lesse, disse a don Luigi: “è molto dura, ma hai fatto bene”.
Questa profonda sintonia tra i due è stata poi rivelata da Martini nel suo ultimo incontro con don Luigi, a Gallarate, nell’ultima celebrazione di don Luigi e con il cardinale seduto al lato dell’altare, dove erano presenti alcuni testimoni. A costoro Martini ha confidato che si rivolgeva a don Melesi perché aveva assolutamente bisogno di lui. E in quella occasione rivelò anche che la cattedra dei non credenti, una delle iniziative dell’episcopato martiniano, fu suggerita al cardinale proprio da don Melesi. E in quella iniziativa c’è tutto il paradigma dell’ascolto di questi due giganti. Non solo ascoltare i non credenti, quelli che la pensano diversamente da te, ma ascoltarli riconoscendo loro la massima dignità: mettendoli in cattedra. Ecco la ragione del termine “cattedra”, non un evento accademico, ma l’espressione più alta dell’ascolto di chi la pensa diversamente.
E con l’ascolto don Luigi e il Cardinale hanno cambiato il corso della storia.
Le testimonianze sono state chiuse con un intervento di Marta Cartabia, già ministro della Giustizia del governo Draghi. Marta Cartabia è la persona più autorevole che ha sostenuto finora il percorso di giustizia riparativa. Nel suo intervento di chiusura, chiamato appositamente di conforto e di incoraggiamento, ha dapprima evidenziato l’attualità dell’onda lunga dell’opera di Martini e Melesi, facendo osservare che alla fine erano due sacerdoti che non avevano fatto altro che esercitare il loro mistero sacerdotale, nel solco tracciato da don Bosco.
E proprio sull’Ambrosianità e Salesianità, nel percorso tracciato da don Bosco, c’è stato il saluto del direttore dell’Istituto Salesiano don Alessandro Ticozzi, che riprendendo una preoccupazione della professoressa Cartabia, ha richiamato tutti alla grave emergenza educativa e all’impegno di ognuno, per quello che può fare, di raccogliere, applicare e tramandare gli insegnamenti di don Melesi e del Cardinal Martini.
Queste testimonianze saranno messe tutte in atti di prossima pubblicazione.