DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA QUARTA DOMENICA DI AVVENTO



Ci può meravigliare la collocazione in Avvento di questo Vangelo accaduto appena prima della Pasqua. Ma se non è solo un ornamento natalizio il canto “Vieni, o Signor, la terra in pianto geme”, questo Vangelo risponde proprio a quella invocazione sofferta che si eleva oggi da popoli, famiglie e singole persone: una invocazione di vera pace, che solo Dio può dare. È il dono che sarà del Natale: non solo per l’annuncio degli angeli “…e pace in terra agli uomini amati dal Signore”, ma perché Gesù stesso, nella sua persona, è la pace che Dio ci dona.

Se guardiamo al modo mite e umile di come Gesù entra in Gerusalemme, e ancora oggi nella nostra storia, possiamo capire come ogni forma di prepotenza e di insincerità siano radicalmente contrarie a Gesù.

Il modo intenzionale di come Gesù entra in Gerusalemme è un gesto simbolico ed è quindi giusto che anche noi abbiamo a chiederci, confortati da altre parole di Gesù, il significato di alcuni gesti.

Anzitutto l’ordine di andare a prendere un’asina con il suo puledro. “Scioglieteli”.

Parole che ci ricordano come solo sotto il Signore troviamo la vera libertà: “Solo se il Signore ci renderà liberi, sarete liberi davvero” disse un giorno Gesù ai Giudei.

“Il Signore ne ha bisogno …”: cioè il Signore vuole la nostra collaborazione per costruire il suo Regno; “… ma ve li restituirà”: non vuole mai trattenerci per forza; agli apostoli un giorno disse: “Volete andarvene anche voi?”.

“Stesero i loro mantelli sotto di Lui”: erano i loro abiti, ma esprimevano la scelta di mettere tutta la propria vita, ogni scelta e comportamento, sotto il giudizio di Gesù: “Non chi dice Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre mio”.

E infine la gioia di quella folla che accoglieva Gesù con questi gesti così significativi: non una gioia qualunque, ma la gioia che anche noi possiamo provare quando davvero accogliamo qualcuno nel nome del Signore.

Se ci mettessimo anche noi tra la folla, ci accorgeremmo che il primo motivo di gioia starebbe nel riconoscere Gesù come colui che viene nel nome del Signore e accoglierlo.

Ne seguirebbe il gesto del mettere sotto di lui i nostri mantelli, segno della sottomissione a lui di noi stessi e di tutta la nostra vita, riconoscendo di avere bisogno del suo perdono per tante cose non giuste che abbiamo fatto, il suo aiuto per riprendere sulle nostre spalle i nostri doveri e le nostre croci, ma vi ritroveremo anche la vera libertà e la gioia che ne derivano e la pienezza di vita del poter essere con lui costruttori del suo regno di pace fra gli uomini.

Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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