DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO: SECONDA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA



Sarà ancora lungo il cammino di fede dei discepoli per arrivare a comprendere nel modo giusto Gesù, però il Vangelo di oggi ci dice che quel cammino è iniziato da questo miracolo: “Questo fu l’inizio dei segno compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui”. Ma quale gloria Gesù può aver manifestato con questo miracolo, “inutile” secondo i nostri giudizi da persone per bene? Diceva S.Ireneo “La gloria di Dio è l’uomo vivente”, e la gloria che Gesù manifesta in questo suo miracolo è il chinarsi su una necessità apparentemente così poco importante, ma necessaria per la felicità di quegli uomini presenti alle nozze.

Anche noi rimarremo stupiti quando sentiremo di altri miracoli più importanti compiuti da Gesù, ma quello di oggi, e non è il solo, mette in evidenza il discendere di Gesù su un bisogno umano: è come un papà o una mamma che rientrando a casa dopo aver svolto un lavoro importante, si fanno piccoli con il loro bambino: la grandezza di questo miracolo, prima ancora di risiedere nel mutamento dell’acqua in vino, sta in questa condiscendenza di Gesù verso di noi.

E come il genitore che si china sul suo bambino per qualcosa di apparentemente poco importante dice l’amore che gli vuole, così questo miracolo di Gesù dice a noi il suo amore per noi, prima ancora della sua potenza.

C’è un altro particolare sul quale si sofferma questo Vangelo: la considerazione di chi dirigeva il banchetto: “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio… Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora”.

Cosa significa questa considerazione?

Il vino a un pranzo di nozze esprime felicità, ma ad un certo punto il vino da noi preparato finisce: con questo il Vangelo vuole dirci che la felicità che noi ci costruiamo ad un certo punto finisce, non ci rallegra più.

Ma è vero questo?

Il tempo in cui viviamo sembra caratterizzato da una diffusa indifferenza rispetto alla felicità che ci può offrire Dio: ci basta la nostra.

Eppure ci sono come delle crepe nella nostra vita che esprimono la constatazione “Non abbiamo più vino”, cioè: la felicita che ci siamo costruiti non ci basta più.

Sono le nostre sconfitte, nelle quali il Signore si insinua con l’offerta della sua gioia: è il rimorso per la colpa, al quale il Signore ci offre la pace del suo perdono, è la delusione ricevuta, alla quale il Signore ci offre la sua amicizia che non delude, è la sofferenza della quale Gesù ci assicura che se vissuta con Lui ha il senso e il valore di costruire il suo Regno per gli uomini, è il peso della delusione per una vita inutile, sciupata, per la quale Gesù ci conforta perché, se offerta sinceramente a Lui, nulla allora è sciupato e tutto può servire e essere salvato (v. il buon ladrone sulla croce)
Gesù non cerca la propria gloria, ma la nostra felicità.


Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

 

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