Il Vangelo di questa domenica ci dice che questo è il secondo miracolo operato da Gesù dopo la trasformazione dell’acqua in vino: si tratta della guarigione del figlio di un funzionario per il quale il padre supplicava Gesù. Il lamento di Gesù: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”, ci rivela che per Gesù il miracolo non è solo un avvenimento prodigioso, ma è anche un segno per arrivare a credere in Dio. Ma in quale Dio? Non si tratta soltanto di credere alla sua esistenza in modo astratto e lontano da noi, ma di credere che Dio entra nella nostra storia, personale e di tutta l’umanità.
Il miracolo fu il segno che manifestò la gloria di Gesù: la sua potenza impiegata non per opprimere, ma per soccorrere.
Gesù farà altri miracoli più clamorosi di questi primi due, ma è bello e significativo vedere come parta da qui: da un miracolo superfluo –la trasformazione dell’acqua in vino- e da uno modesto –la guarigione di un ragazzo-, rivelandoci che a Dio sta a cuore la nostra vicenda umana, con le nostre necessità e il desiderio di felicità.
La parola di Gesù “Tuo figlio vive” è il segno di un Dio che ama la vita; discutendo con i sadducei sulla risurrezione dei morti, Gesù dirà che Dio è il Dio dei viventi, non dei morti.
Oggi, con tutta la Chiesa celebriamo la Giornata in difesa della vita: amare la vita sembra una cosa scontata, ma c’è da chiedersi se è proprio così.
È vero che in genere ciascuno ama la propria vita, ma verso gli altri, persone o cose, viviamo in mezzo a una cultura di morte: ne sono prova lo sterminio nazista che abbiamo appena ricordato, ma anche tutte le forme di violenza, di mancanza di rispetto verso persone o cose, fino alle forme più gravi di distruzioni e le guerre che continuano tuttora.
“Tuo figlio vive” è molto più di quello che solitamente intendiamo con il comandamento “Non uccidere”: è piuttosto il comando di avere cura della vita in ogni sua forma e in particolare di ogni fratello.
È comando alla giustizia e alla carità verso ogni prossimo: ricordando che la giustizia da sola non basta, ma anche che la carità senza giustizia non è vera carità.
“Tuo figlio vive”: quel padre credette senza ancora aver visto, e si avviò verso casa con la speranza di trovare il figlio guarito: possiamo con ragione intendere questa parola di Gesù come l’invito a credere che c’è vita anche oltre la morte dove ancora non vediamo.
Noi non sappiamo immaginarla: ci basti la parola di Gesù e sapere che sarà comunione con Dio e con tutti gli uomini, e che in questa comunione nulla andrà perduto dell’amore che avremo vissuto.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale