ESCLUSIVA: ECCO PERCHÉ LA COMUNITÀ MONTANA STA LÀ. 35 ANNI FA FERMATA LA SPECULAZIONE ALLA FORNACE DI PRATOBUSCANTE



BARZIO – 35 anni fa, il 14 marzo 1988, la Comunità Montana acquistava il complesso decadente della Fornace Merlo in località Pratobuscante. Su quel terreno tra Barzio e Pasturo oggi sorge la sede dell’ente e trovano ospitalità i grandi eventi del territorio. Dietro a questo risultato però ci fu una visione politica che, in occasione dell’anniversario, facciamo raccontare ai protagonisti di allora.

La vicenda ha inizio nel dicembre 1971 quando lo Stato italiano istituisce le Comunità Montane. In Valsassina, come ovunque, la Legge è accolta con entusiasmo anche perché va a dare riconoscimento a iniziative locali sparse e disomogenee. Nel nostro territorio l’esigenza di confronto e coordinamento aveva trovato realizzazione in un Consiglio di Valle, presieduto dall’ingegner Pietro Pensa di Esino Lario e partecipato da rappresentanti di tutti i Comuni (Ballabio compreso), ma in concreto non era nulla più di una semplice associazione senza riconoscimento né competenze specifiche, tantomeno senza capacità di investimenti. Sono anni in cui ci si confronta su tematiche quali l’area industriale che sarebbe sorta a Colico o l’ipotesi di rendere stabile e continuativa quella che già era nota come Sagra delle Sagre. Alla nascita della Comunità Montana, logica conseguenza, il Consiglio di Valle si scioglie e i suoi membri vanno a comporre il nuovo ente, al cui interno traslocano anche le discussioni e i dossier già sul tavolo.

La sede è a Villa Migliavacca, a Introbio. “Edificio prestigioso ma ci stavamo tutti ammucchiati – ricorda Gianfranco Magni, delegato introbiese in Comunità Montana -, gli spazi erano limitati, anche funzionalmente inadeguati” e infatti nella sede si riuniscono i gruppi politici e il direttivo mentre l’Assemblea comunitaria di oltre 80 membri viene convocata al cinema del paese. Serve spazio ma anche, e soprattutto, “una sede che fosse all’altezza della Valsassina, qualcosa di unico e riconoscibile” prosegue Magni. Una opportunità che si presentò di lì a poco.

Sui piani tra Barzio e Pasturo, non distante dalla sponda destra del Pioverna, sorgeva la Fornace Merlo. I Merlo erano una famiglia di origini mantovane, arrivati in Valsassina a seguito degli stravolgimenti delle guerre napoleoniche e si stabilirono in località Pratobuscante con la produzione di mattoni in creta. La terra veniva raccolta non distante e attraverso una teleferica a carrelli portata alla fornace. L’attività andò in crisi e la produzione si fermò. Arriviamo così agli anni Sessanta. Alla morte dell’ultimo discendente la moglie, Irma Lesotto (in seguito sposata in seconde nozze con Enrico ‘Richetto’ Arrigoni Marocco – dettaglio che poi tornerà utile al nostro racconto) vende il complesso a Tomaso Pigazzi, coltivatore diretto e allevatore di Pasturo, impegnato anche nella produzione di ferro per l’edilizia.

Pigazzi ha idee chiare per l’area in questione infatti presenta in Comune un progetto dell’architetto Donadelli di Lecco che prevede la costruzione di resort, campi da tennis, piscina e numerosi edifici residenziali.

Nel frattempo però a Barzio, in altopiano, si insedia una amministrazione di area democristiana decisa a porre un limite alla speculazione edilizia del decennio precedente. Il nuovo sindaco è Aldo Oriani, vice il già citato ‘Richetto’ Arrigoni Marocco, in squadra anche Pinuccio Arrigoni Battaia, Oreste Ruffinoni e un giovane Alvaro Ferrari. “Era nostra intenzione preservare l’area della Fornace Melo – racconta Ferrari – quindi la giunta respinse la richiesta di Pigazzi e si cautelò togliendo l’edificabilità di quei terreni dal piano regolatore”.

Tornando alla Comunità Montana, con la sua istituzione l’ente deve anche adottare un proprio Piano urbanistico del territorio. “L’indicazione del presidente, il premanese Giovanni Fazzini, fu quella di non mettersi in contrasto con i Comuni – ricorda Ferrari – e dunque di recepire i Piani regolatori dei singoli paesi, cosa che venne fatta (salvo alcune eccezioni come quella per la nascente ara industriale di Colico). Per l’area della Fornace Merlo oltre alla tutela barziese arrivò così anche lo scudo comunitario”.

Intanto arrivano gli anni Ottanta e senza troppo clamore tra i delegati della Comunità Montana si fa largo l’ipotesi di una sede proprio alla Fornace Merlo. Il direttivo – espressione Dc Pli Psi – ora vede Ferrari presidente, Magni vice, poi Carlo Erba, Antonio Griggi, Luigi Cargasacchi, Nino Melesi, Dario Dego, Aristide Lambrugo, Santino Aquistapace e Pierino Mazzoleni. “Per qualche mese i discorsi rimasero tra noi, la vastità di quell’area un po’ ci preoccupava – ammette Ferrari -. Anche l’investimento non era da sottovalutare perché l’ente era appena nato e non disponeva di denaro”. “Ho un ricordo positivo di quel periodo – aggiunge Magni -. Nel direttivo, pur con i propri distinguo, l’idea di acquistare la Fornace ottenne condivisione totale“.

La convergenza è ampia ma non un plebiscito. Non mancano posizioni contrarie, le più rumorose provengono dall’apparato burocratico dello stesso ente e dai corrispondenti del giornale locale, Il Pioverna, diretto allora da Giampiero Goggi il quale col tempo si convinse della bontà del progetto. Vengono anche vagliate altre proposte: Villa De Vecchi fu presa in considerazione “ma accantonata per la impraticabile convivenza con l’area industriale di Cortenova, tanto che nessuno ha mai più pensato di edificare in quel prato”.

Ha poca corsa invece l’obiezione che bocciava la scelta di Barzio perché decentrato rispetto alla Valle e soprattutto alla riviera: “Il nostro territorio ha la conformazione che conosciamo – spiega Magni – inoltre all’epoca Barzio e i paesi del centro valle contavano 7mila abitanti sui 20mila della Comunità: non si può parlare di periferia. Non dimentichiamo – prosegue l’introbiese – che proprio in quegli anni, nell’82, nasce il Soccorso Centro Valsassina che intese il nostro territorio come una unica realtà da Moggio a Taceno. Questo modo di pensare aiutò anche il progetto Fornace“.

Detto di Comunità Montana e nuova giunta barziese, una terza forza indirizza definitivamente le sorti della Fornace Merlo. Nel 1974 diventa presidente della Lombardia il democristiano lecchese Cesare Golfari il quale sollecita la CM Valsassina a fare le cose in grande garantendo il suo sostegno, rassicurazione che mantenne anche negli anni ’80 dal Senato.

E in grande si ragionò.

Continua…

Cesare Canepari
Contributo documentale e fotografico dall’archivio Alvaro Ferrari per Valsassinanews

 

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