Il Vangelo di questa domenica nasce dalla risurrezione di Lazzaro operata da Gesù, e che diventa occasione, come dice Lui stesso, perché si manifesti la gloria di Dio e la gente creda che Lui è stato inviato dal Padre. La domanda fatta da Gesù a Marta attraversa i secoli e giunge fino a noi: “Io sono la risurrezione e la vita. Credi tu questo?”. Attraverso il miracolo Gesù si manifesta come vincitore della morte; ma non dice solo: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà”; dice anche un’espressione significativa che non rimanda questa sua signoria a dopo la nostra morte fisica, ma che si manifesta già da ora: “Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno”.
Gesù non promette di farci tornare a questa vita dopo la nostra morte, come ha fatto per Lazzaro; ma di offrire, già da oggi, una pienezza di vita a tutti coloro che credono in Lui.
Non c’è persona che non cerchi la vita e la gioia: perfino chi si toglie la vita lo fa perché questa vita gli è insopportabile e vuole chiudere con essa o spera in una più bella.
A volte ci chiudiamo in soddisfazioni apparenti o addirittura dannose, o ci accontentiamo di una gioia cercata fuori e dopo le nostre occupazioni.
Quando Gesù ci dice: “Io sono la risurrezione e la vita; credi tu questo?”, vuole offrirci una ragione di vita che non toglie la fatica del compimento dei nostri doveri, ma ce ne dà la gioia, perché ce ne svela il senso e il valore.
È significativo che questo Vangelo si inquadri nel cammino di Gesù verso il compimento della sua missione.
All’inizio c’è l’osservazione dei discepoli: “poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”, e Tommaso aggiun-ge “Andiamo anche noi a morire con lui”.
Alla fine c’è la profezia di Caifa: “Conviene che un uomo solo muoia per tutta la nazione”, e la decisione di uccidere Gesù.
Colui che con questo miracolo ha dimostrato di essere più forte della morte, accetterà liberamente la propria morte per essere salvatore non solo del popolo ebreo, ma anche di tutti gli uomini.
È a questo modo che si manifesterà pienamente la gloria di Dio della quale la risurrezione di Lazzaro è solo un pallido segno.
È la gloria della Croce; la gloria di Gesù che vede come, attraverso il proprio sacrificio, gli uomini che lo accolgono possono ritornare alla comunione con il Padre e con i fratelli.
Gesù chiama tutto questo “gloria”: gloria del Padre, di Gesù, della Trinità.
Noi, pensando a quanto di simile può accadere in una famiglia – ad esempio: il ritorno di un figlio dopo tante sofferenze e lacrime dei genitori -, chiamiamo questo consolazione e gioia.
Gloria e gioia sono così due sentimenti che si fondono insieme: in Dio e negli uomini.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale