Il Vangelo di oggi si colloca in due momenti. Il primo è indicato dalle parole “la sera di quel giorno”: è la sera di Pasqua, la prima domenica della Chiesa: Gesù risorto, che già era apparso ad alcune donne che erano andate al sepolcro, appare ora agli apostoli ancora rinchiusi nel Cenacolo per paura dei Giudei, e “sta in mezzo a loro”. Sembra di cogliere in questo “sta in mezzo a loro” il compimento delle sue promesse: “Quando due o più saranno uniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro” e “Io sono con voi sempre”: anche con noi, riuniti alla domenica, il giorno del Signore, Gesù sta in mezzo a noi risorto e vivo.
E come allora con gli apostoli, così anche ora con noi le prime parole che ci dice esprimono il dono che ci offre: la sua pace e la possibilità del suo perdono. Pace e perdono: il Vangelo ci fa capire che sono doni strettamente legati alla sua persona: Gesù non si fermò a fare ragionamenti con gli apostoli, ma solo “mostrò loro le mani e il fianco”.
Abbiamo tanto bisogno anche noi di far emergere dalle nostre stesse abitudini religiose non ragionamenti umani per giustificarli, ma la persona di Gesù: rischiamo di non saper più dire perché Gesù è la ragione della nostra fede, della nostra speranza, della nostra religione: è il richiamo contenuto anche nella altre due letture di oggi.
Il Vangelo ci porta poi ad un secondo momento “otto giorni dopo”: Gesù appare nuovamente agli apostoli riuniti e c’è anche Tommaso, colui che aveva detto che non avrebbe creduto se non avesse visto Gesù risorto con i suoi occhi, e non l’avesse toccato con le sue mani. E Gesù lo prende in parola: “Metti qui la tua mano e mettila nel mio fianco”, e lo rimprovera per non aver creduto alla testimonianza delle donne e degli altri apostoli.
In un celebre dipinto del Caravaggio è Gesù stesso che prende la mano di Tommaso e la guida a toccare la sua ferita. Questo ci fa immaginare vero ma dolce il rimprovero di incredulità rivolto da Gesù a Tommaso: Gesù non abbandona nessuno sulla difficile strada della fede e del seguirlo. Anche qui Gesù non fa discorsi convincenti, ma semplicemente fa toccare a Tommaso le proprie piaghe: emerge la persona di Gesù crocifisso e risorto, al punto che Tommaso esclama “Mio Signore e mio Dio” e non aggiunge altro.
Da allora sono passati 2000 anni, e quegli incontri vivi e sconvolgenti dei primi discepoli con Gesù risorto hanno assunto gesti e parole che noi ripetiamo, come ad esempio la stessa esclamazione di Tommaso “Mio Signore e mio Dio”.
Oggi abbiamo più che mai bisogno di ritornare alla freschezza e convinzione di quando sono nati.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale