DON GABRIELE COMMENTA IL VANGELO DELLA 5ª DOMENICA DI PASQUA



Il Vangelo di questa domenica si colloca su uno sfondo di tristezza degli apostoli che avvertivano come ormai prossima la morte di Gesù. Infatti, il capitolo da cui è tratto il brano di oggi inizia con le parole di Gesù: “Non sia turbato il vostro cuore”. Oggi Gesù ci invita a credere alla sua vicinanza e alla sua promessa: “mi manifesterò a lui” e “io e il Padre prenderemo dimora presso di lui”, e ci propone un cammino di comunione e di amore con Lui e con il Padre. Questo cammino inizia con le parole:“Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama”.

Parla di comandamenti, dunque non di cose facoltative; non chiede un amore disincarnato e astratto, ma che si fa concreto nell’osservanza dei suoi comandamenti.

Però dice anche “chi accoglie”, e questo ci dà la sensazione di un dono ricevuto più che di un peso da portare; infatti Gesù diceva: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi… Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.

Sta qui la chiave di ingresso per accedere alla comunione con Lui e con il Padre: comunione molto più profonda, intima e vera di quando Gesù viveva su questa terra.

È un Vangelo arduo ma non impossibile: non indica semplicemente cose da fare (es.: non rubare, va a Messa, ecc.), ma ci propone un rapporto di amore con Gesù, capace di resistere alla lontananza fisica da Lui, un amore che si esprime nel desiderare di vivere secondo la sua parola, e perché si è capito che solo così la comunione è vera (non una cosa solo sentimentale, o materiale, come il riceverlo nell’Eucaristia).

Anche nella nostra esperienza umana c’è una comunione che inizia e si esprime nella presenza fisica, ma se matura sarà capace di esprimersi anche nella lontananza e darà la forza per portarne il peso.

Come avvertire questa manifestazione di Gesù e del Padre presso di noi come ha promesso Gesù?

È facile scivolare nel sentimentalismo, ma Gesù non ha mai inteso questo come amore o comunione con lui.

A volte il sentimento ci può essere di aiuto (ad esempio: avvertire una certa contentezza dopo una preghiera fatta bene); ma il dono promessoci da Gesù e che può fare da verifica della sua presenza in noi è piuttosto quello di sentirsi nella sua pace, e di avvertire un desiderio di ordine e di un impegno fatto bene ma senza affanno.

Quale conclusione trarre da questo Vangelo?

Anzitutto, ricordando la figura del figlio maggiore nella parabola del figliol prodigo, vediamo che si possono osservare i comandamenti, ma senza amore e questo non ci conduce a una comunione con Dio.

D’’altra parte però non si può dire di amare veramente Gesù se non si osservano i suoi comandamenti.

La vita cristiana non è anzitutto una regola di vita, ma una comunione di vita con Gesù e con il Padre.

Come un rapporto di amicizia o di amore con una persona richiede che se ne abbia cura riservando ad esso spazio per esprimersi, altrimenti si inaridisce, così la vita cristiana ha sempre bisogno di alimentarsi nella preghiera personale, fatta particolarmente di silenzio e di ascolto: solo così se ne può percepire tutta la bellezza.

 

Don Gabriele
Vicario parrocchiale

 

 

 

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