L’Alta Valsassina è meta ricercata per trekking ed escursioni grazie ai suoi numerosi sentieri immersi nella natura. Una zona molto frequentata è quella del Monte Muggio, la quale offre numerosi percorsi tra i suoi secolari boschi di faggio che rivestono dolcemente i suoi declivi, uno dei sentieri più conosciuti conduce alla chiesetta di Sant’Ulderico, antico oratorio votivo adagiato in un balcone erboso situato sul versante nord a quota a 1392 metri, al cospetto del Monte Legnone, imponente contrafforte tra la Valvarrone e la Valtellina.
L’edificio sacro originario risale all’XI secolo ed era probabilmente un eremo con un’unica aula semicircolare con l’abside rivolto verso est. L’impianto iniziale venne stravolto nel XVI secolo, quando per fare spazio al crescente numero di fedeli, la chiesetta venne ampliata, infine un ultimo intervento nel corso degli anni Sessanta del secolo scorso ne consentì il recupero integrale e gli conferì l’aspetto odierno.
Dalla storia della chiesetta emerge che il culto si Sant’Ulderico, o secondo alcune ricostruzioni Gualderico, era molto radicato presso la popolazione locale che un tempo traeva sostentamento dalla pastorizia e dal bosco.
In particolare secondo una accreditata ricostruzione storica che trova conforto nelle cronache medievali, in particolare nella fonte Liber notitiae «In die ascensionis domini, in valle saxina, loco narro veneratur ecclesia beati gualderici martiris» lo storico Oleg Zastrow ne trae testimonianza per dire che la chiesetta di S. Ulderico è almeno anteriore alla fine del XIII secolo. Gualberto Vigotti invece, in «La Diocesi di Milano alla fine del secolo XIII», deduce semplicemente che nella chiesa di S. Brigida in Narro i faceva memoria di un beato Gualderico, «certamente longobardo», nella festa dell’Ascensione, prendendo da ciò spunto per rilevare l’antichità del suo culto sin dall’ undicesimo secolo. La devozione popolare si manifestava anche nella festa dedicata al Santo, celebrata nel giorno dell’Ascensione, sempre attraverso le pagine dello storico Zastrow in “Repertorio di arte medioevale in Alta Valsassina”, edito nella Rivista Archeologica dell’antica provincia e diocesi di Como, 1976, sappiamo da tempi immemori è uso degli abitanti dei luoghi circostanti con gran concorso di popolo svolgere la sera prima della festa dell’ Ascensione e del quattro luglio rituali paganeggianti promiscui dai dubbi risvolti morali; pratiche che arriveranno alla attenzione finanche delle alte gerarchie ecclesiastiche ma continueranno per secoli, sino ad almeno il XVII secolo. Infatti il Cardinale Federico Borromeo ‘ordina di vietare tali manifestazioni di festa alla vigilia del 4 luglio’, con immaginiamo grande disappunto degli abitanti dei luoghi circostanti che dopo un mesi di duro lavoro nei campi non vedevano l’ora di lasciarsi andare a riti licenziosi la sera della vigilia di Sant’ Ulderico.
Nel 1579 San Carlo Borromeo aveva emanato il seguente decreto: «Per essere questa chiesa nello stato che si trova al presente, piccola, rovinosa et indecente, non vi si celebri più messa. Però desiderando il popolo farvi celebrare messa la riedifichi di nuovo più grande, facendo l’altare verso oriente declinando un poco a settentrione in modo che la fronte d’essa chiesuola sia verso il monte et si puotrà fare il frontespizio senza muro ma serrato con buona grate o cancello di legno decente accioché la moltitudine del popolo qual non potrà capire dentro della chiesa possa vedere la messa di fuora…». Venendo a tempi più recenti la festa dedicata a Sant’Ulderico si tiene il primo sabato di luglio, una festa ancora oggi molto sentita, che si lega indissolubilmente con un luogo evocativo e apotropaico, frequentato da migliaia di anni ed impresso nella memoria degli abitanti del luogo attraverso leggende che si tramandano di generazione in generazione.
Sant’Ulderico è legato anche ad una suggestiva leggenda che appartiene alla tradizione orale della Valsassina e dei borghi lariani, e precisamente è noto come uno dei sette fratelli eremiti.
Secondo la narrazione popolare in tempi antichi vivevano in Valsassina nove fratelli, otto maschi ed una donna, Margherita, i giovani vivevano in condizioni di estrema povertà, al punto di possedere una sola nocciola, dopo aver diviso il piccolo frutto, che simbolicamente rappresentava la misericordia di Dio, in nove? parti uguali, uno di loro rifiutando la propria parte morì di inedia, gli altri si ritirarono in preghiera e meditazione sulla cima dei monti sovrastanti la Valsassina ed il Lario.
Margherita si stanziò in una zona pianeggiante a Casargo, nei pressi del valico di Piazzo, dove ancora oggi è presente la chiesetta romanica a lei dedicata e che rappresenta l’edificio religioso più antico della Valsassina. Gli altri fratelli salirono ognuno sulla cima di un monte: San Sfirio, il più anziano dei fratelli si stabilì sulla sommità del Legnoncino a 1714 metri in una posizione dove si domina tutta la Valvarrone; San Calimero edificò il suo tempietto sui monti sopra Pasturo mentre San Grato si trova a Vendrogno; San Fedele in un luogo non ben identificato fra l’agglomerato di Faedo e l’Alpe Paglio in località la Foppa nel comune di Casargo, San Defendente fra Esino Lario e Perledo, ed infine proprio il nostro Sant’ Ulderico che costruì il suo eremo sulle pendici settentrionali del monte Muggio.
La posizione dei fratelli faceva sì che potessero comunicare fra di loro e con Margherita attraverso dei fuochi. Ogni sera, il fratello eremita posto sul monte più alto accendeva un fuoco di saluto, che veniva ritrasmesso di monte in monte da ciascuno dei fratelli, fino a raggiungere la sorella nella valle. I Santi eremiti venivano venerati dalla popolazione locale, e sempre con i fuochi di segnalazione potevano chiedere aiuto ai fratelli vicini per salvare i montanari in difficoltà e proteggere i villaggi e le greggi, un tempo di altissima importanza.
Un’altra versione della leggenda vuole che i fratelli eremiti siano stati mandati da sant’Ambrogio, allora vescovo di Milano, allo scopo di evangelizzare le popolazione locali, ancora dedite al paganesimo e ai culti pagani ed eretici. L’incontro con gli abitanti non fu però dei migliori e i sette fratelli furono costretti a rifugiarsi sulle pendici dei monti circostanti in preghiera e meditazione accendendo dei falò al culmine di ogni giornata per salutarsi e per scambiarsi informazioni attraverso dei segnali convenzionali. La leggenda racconta che ben presto arrivò il castigo divino con quaranta giorni di carestia. Al quarantesimo giorno la popolazione scorse dei grandi fuochi nelle grotte in cui vivevano gli eremiti, si recarono in ginocchio ed in penitenza per convertirsi ma li trovarono morti.
I sette eremiti si erano sacrificati per la popolazione che decise di costruire in quei luoghi a ricordo del sacrificio degli eremiti queste splendide chiese alpestri alcune ben conservate come Santa Margherita, Sant’Ulderico, San Sfirio in cima al Monte Legnoncino e San Calimero a Pasturo, San Grato a Vendrogno mentre di altre come San Fedele se ne è persa completamente le tracce. La morte dei sette fratelli eremiti aveva salvato la popolazione che si era convertita al cristianesimo.
La tradizione popolare poggia su elementi tangibili, la presenza di eremiti sulle alture della Valsassina e dei monti lariani appare infatti molto probabile e vicino alla realtà del tempo, così come è verosimile che alcuni luoghi di eremitaggio, situati in altura e in posizione privilegiata, potessero fungere anche da avamposti militari e di avvistamento dai quali presidiare il territorio dalle incursioni degli eserciti nemici che dalla Svizzera e dal nord Europa per raggiungere la pianura padana sceglievano la via della Valsassina.
Storie di credenze popolari, di antichi riti pagani, di fede cristiana, storie che negli anni si sono mescolate e sono in parte scomparse avvinte dal divenire delle cose e dei secoli, oggi però un’escursione a Sant’Ulderico è un tuffo nel passato in una atmosfera magica, sospesa, che solo le alte fronde dei nodosi faggi sanno raccontare.
Per arrivare alla chiesetta di Sant’Ulderico si può prendere il comodo sentiero che parte direttamente dal parcheggio dell’Alpe Giumello, per una percorrenza di poco meno di un’ora attraverso un fresco bosco di faggi, oppure si può partire dalla frazione di Indovero (in alternativa da Piazzo, sempre a Casargo) per un percorso più lungo di circa un paio d’ore che sa raccontare molto della vita in montagna di un tempo e delle sue fatiche, attraverso alpeggi, soste del bestiame, castagneti, riti magici fra paganesimo e cristianesimo.
di Antonio Pasquini
Articolo tratto da Terra Insubre – 2° Trimestre 2021