DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA PRIMA DOMENICA DI AVVENTO



Inizia un nuovo anno liturgico, inizia di nuovo il nostro cammino accanto a Gesù, di domenica in domenica, ascoltando la Parola, ripercorrendo il suo stesso cammino in mezzo a noi. E iniziamo dalla fine. È innegabile che questo ci sorprende. Solo verso gli ultimi giorni del tempo di Avvento la liturgia ci inviterà a posare lo sguardo del cuore sul mistero della incarnazione, sulla festa del Natale di Gesù. Per diverse domeniche ci concentreremo sulla meta dell’incontro definitivo con il Signore.

Così siamo raggiunti dall’annuncio che la meta che ci attende rivela anche il fine più profondo del nostro esistere. Viviamo per incontrare il Signore. Giorni e giorni ci vengono regalati per stringere con lui una vera e concreta relazione di amore in vista dell’abitare per sempre, insieme con altri “fratelli e sorelle”, con Lui. E così la vita è animata profondamente dalla dimensione della speranza e dalla necessità di aprire sempre più il nostro cuore all’amore verso di Lui e verso ogni uomo.

La pagina di Vangelo di questa prima domenica ci offre immagini forti, potenti: la distruzione del tempio di Gerusalemme, guerre, terremoti e carestie, segni di sconvolgimento nel cielo.

Sono immagini senza tempo sia nel senso che non è detto quando avverranno queste cose sia che possono essere considerate immagini di e per ogni tempo. Erano significative già per i cristiani cui si rivolge Marco con il suo Vangelo. Possiamo immaginare che forza abbiano avuto in diversi momenti della storia dell’umanità fino ad oggi.

Tutti i tempi portano con sé pericoli, sofferenze, tragedie, fatiche tremende.

Tutti i tempi portano con sé anche degli avvertimenti da parte del Signore e gli avvertimenti rivelano la sua passione d’amore per noi. È rivelata da frasi come: “Badate che nessuno vi inganni”, “non credeteci, non andate”; “Non preoccupatevi di ciò che dovrete dire: lo Spirito vi suggerirà ciò che dovrete dire”; ”Verrà il Figlio dell’Uomo e radunerà i suoi eletti dai quattro venti”.

Se ci viene ricordato che è in atto un conflitto gigantesco tra tenebra e luce, è perché ci rendiamo conto che non c’è tempo da perdere, che c’è l’urgenza di stare con gli occhi aperti, senza cedere al sonno, alla rassegnazione, al menefreghismo o all’indifferenza. Gli squarci di luce nel Vangelo appena ricordati ci dicono che da parte nostra questo tempo deve essere dedicato alla attenzione, alla vigilanza; al paziente smascherare menzogne e stranezze in merito al futuro e a ciò che serve vivere da parte nostra, che a volte ci raggiungono con un certo fascino; all’amore per la verità e all’autenticità; alla purificazione della nostra fede nella certezza che Lui c’è e verrà per noi; all’abbandono all’azione dello Spirito Santo che agirà sicuramente in noi con grande creatività.


Don Stefano Colombo

Casa Paolo VI – Concenedo

 

 

 

 

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