LE CAPRE, PERSEGUITATE NEI SECOLI (ANCHE DALL’UOMO). E ADESSO DAL LUPO



CASARGO – “Quando le capre erano perseguitate”. Venerdì a Casargo, nell’ambito della Mostra Regionale di settore, la serata presentata dal professor Michele Corti, presidente dell’associazione Pastoralismo alpino.

> A destra: Antonio Pasquini, il Prof. Corti
e Antonella Invernizzi (Cooperativa di Comunità )

La dissertazione del professore ha ripercorso epoche storiche dell’allevamento caprino nelle aree montane, fasi storiche alterne, alcune delle quali dominate dall’idea che la capra era “il male” poiché nemica del riformismo portato avanti dagli esperti dell’epoca – che celava però più di un interesse economico e di élite e che mirava, anche allora, alla conservazione sotto teca dei boschi, il cui sfruttamento andava garantito ai forni fusori della nascente industria siderurgica della pianura lombarda.

“Il passato, certo – annota il sindaco di Casargo Antonio Pasquini -, ma anche un possibile parallelismo ai giorni nostri ove il ricorso sistematico ed ossessivo agli schematismi ideologici, altamente espulsivo di ogni visione opposta, non aiuta a comprendere la realtà. E quindi se allora la capra era un animale rustico, antimoderno, nemico della rigenerazione del bosco e del progresso economico e sociale in una visione che potremmo definire di ecologismo ante-litteram oggi abbiamo un neo-ecologismo molto distante dalla realtà quotidiana della maggior parte delle persone, una visione dei “decisori” che come allora vorrebbe imporsi”.

“Un’agricoltura montana che si vorrebbe burocratizzata e slegata dai cambiamenti ambientali in atto – aggiunge Pasquini -, che si vorrebbe indifferente all’avvento di predatori e specie animali aliene (come ad esempio il lupo) che rappresentano un pericolo per il delicato equilibrio della pastorizia montana, ponendo in forte rischio attività economiche, che per alcuni rappresentano l’unica fonte di sostentamento portata avanti al costo di innumerevoli sacrifici, e la polverizzazione di un patrimonio immateriale di tradizioni e peculiarità territoriali e gastronomiche, oltre che, non da ultimo, l’accelerazione dell’abbandono dei pascoli, il cambiamento del paesaggio e la scomparsa dell’habitat naturale per altre specie animali che per esempio non avrebbero più a disposizione radure e un certo tipo di bosco privo di arbusti e cespugli”.

Lo stesso primo cittadino di Casargo si è impegnato a intervenire (anche in Regione, come richiesto dal prof. Corti) per modificare le normative in materia di caccia – mettendo al centro la salvaguardia delle specie in pericolo. Proprio come la cara Capra Orobica.

RedAmb

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