DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA QUARTA DI AVVENTO



Penso ai discepoli. Per pensare anche a me. Gesù dimostra loro di aver accuratamente preparato il suo ingresso nella città di Gerusalemme. Da tempo aspettavano la scelta da parte di Gesù di prendere posizione in un modo deciso di fronte ai capi di Israele. Si erano sicuramente accorti che l’ostilità nei confronti del loro maestro aumentava di giorno in giorno. Qualcuno sperava anche in qualcosa di particolarmente significativo per il popolo, perché Gesù diventasse per tutti la nuova guida di Israele e magari riuscisse anche e ridimensionare o eliminare lo strapotere romano.

Cosa ha pensato Gesù? Vuole entrare nella città santa come un re. Che tipo di re lo si vedrà anche nei giorni seguenti. All’ingresso in Gerusalemme comincia a dire che lui è un re di pace scegliendo di cavalcare la cavalcatura regale in tempo di pace. Non ha alcuna intenzione di essere violento. Piuttosto vuole dire apertamente e chiaramente la sua scelta di mitezza e di umiltà. La pace è costruita sempre e solo dai miti e dagli umili.

Sceglie anche una cavalcatura cara alla quotidianità del popolo. Il somaro, l’animale che silenzioso e docile può essere caricato dei pesi che non possono essere portati da un uomo. Quello che sceglie è uno su cui nessuno è ancora salito e che poi verrà riportato al suo padrone. Forse Gesù vuole regalare a tutti un terzo modo di pensare all’asinello. Una scelta quindi rivelativa di qualcosa che deve essere poi importante per tutti. Gesù sceglie di entrare nella città di Gerusalemme, affrontando le attese del popolo e le sfide ostili dei capi, come re mite e umile che sceglie di servire, di portare il peso degli altri: il peso del dolore e delle sofferenze ma anche il peso dell’odio e delle sue conseguenze, anche della morte; il peso del rifiuto; il peso della scelta di amare gli altri più della propria vita; il peso di chi vuole inaugurare qualcosa di nuovo; il peso di miracoli e speranze impossibili.

Come se dicesse: io entro così nella vita degli altri, nella città di Dio e degli uomini e non è solo per me “questo asinello” …Chi prende con disponibilità la mia eredità, chi è il prossimo a cavalcare così questo asinello?

Penso ai discepoli e alla folla. Vedono, gioiscono, accolgono il suo esempio, la sua provocazione, la sua proposta? Cosa dicono in verità i gesti che compiono? Sono gesti significativi e potrebbero non essere solo di apparenza, di circostanza ma indicare anche uno sbilanciamento del cuore, un orientamento di scelte di vita.

Mettono i mantelli sopra l’asinello e sulla strada al suo passaggio. Per persone semplici il mantello era qualcosa di veramente importante, per alcuni era tutto: riparo, difesa, possibilità di riposarsi non sulla nuda terra. Nel gesto dello stenderlo per Gesù forse volevano esprime più di un omaggio al re messia, forse volevano mostrare di offrire a lui il desiderio di fare come lui. A te dobbiamo la salvezza e vogliamo essere davvero con te!

Noi siamo i discepoli…facciamo e faremo come Lui?

Apparentemente la loro scelta verrà smentita il venerdì seguente. Nessuno prenderà le difese di Gesù. Ci saranno altre voci, altre grida. “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”.

E Gesù continuerà a portare il peso del peccato di tanti che si farà sempre più grave. Mite, umile, in silenzio. Da solo.

Sappiamo anche che poi, nella forza del risorto, nel dono dello Spirito Santo, qualcuno ha scelto di cavalcare l’asinello e ha cercato con la propria vita di smuovere altri a farlo.

E ora tocca a noi…che facciamo?

 

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo

 

 

 

 

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