L’OPINIONE DI LUCA ROTA/”È VERAMENTE UN PONTE TIBETANO QUEL CHE SERVE ALLA VALVARRONE?”



In Valvarrone si vorrebbe costruire l’ennesimo ponte tibetano turistico. Ovviamente l’ennesimo ponte “da record”, alto 200 metri, lungo 400, eccetera. “Un’attrazione sensazionale, che potrebbe attirare migliaia di turisti!” dicono i politici locali al riguardo, con i soliti toni enfatici ma al momento tacendo sui costi, ovviamente coperti da denaro pubblico. Del ponte della Valvarrone se ne scrive in un bell’articolo sul numero 47 “Salire”, il trimestrale del CAI Lombardia.

“Migliaia di turisti”, già: si noti che il comune (sparso, per giunta) di Valvarrone conta a ottobre 2023 495 abitanti, e il suo territorio è servito da una strada rinomata per essere tra le più disagevoli e tortuose dell’intera provincia. Inoltre, che tale infrastruttura, direttamente legata a una fruizione turistica di mera matrice ludica – come avviene ovunque ve ne siano di simili – possa giustificarsi come funzionale allo sviluppo turistico della parte non più utilizzata delle miniere di feldspato situate a uno dei capi del ponte (peraltro già parzialmente visitabili) pare cosa alquanto aleatoria e ampiamente discutibile, soprattutto considerando le “migliaia di turisti” alle quali si vorrebbe puntare.

Ma al di là di tali dati “elementari”, al leggere di questo ennesimo paventato ponte tibetano personalmente mi sono chiesto: ma è veramente questo che serve agli abitanti della Valvarrone? Un’attrazione turistica di massa peraltro uguale a tante altre? Oppure avrebbero bisogno di altro per sviluppare al meglio la propria comunità e il territorio nel quale vivono?

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