DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA 4ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE



Cosa significa credere? Avere  che fare con Dio? Cosa significa pensare alla nostra vita partendo da Lui? È accogliere un suo invito a partecipare alla sua gioia, a vivere qualcosa di bello insieme. (immagine delle nozze del figlio del Re). Di solito si pensa che avere a che fare con Dio significa: conversione, fatica, lavoro duro, responsabilità, impegno, sacrificio.

Per Gesù, invece, è benedizione, gioia, pace del cuore, possibilità di rapporti nuovi e belli con gli altri, armonia con tutti e tutto, sentirsi amati e stimati degni di essere parte della novità stessa del Regno di Dio tra gli uomini, scoprirsi e poi sapersi figli di Dio e fratelli di tutti.

Ci sono alcuni che cercano di seguire Gesù, di riferirsi alla sua parola e alle sue scelte ma lo fanno con il cuore triste, lo vivono come un peso, come un dovere. Non c’è gioia e serenità. E magari provano disagio al pensiero che il regno è per tutti, che Dio ama i peccatori ed è misericordioso. Si considerano tra le novantanove pecore abbandonate da un pastore che si è messo a correre per cercare l’una smarrita o come il fratello maggiore che non sopporta che per il minore, che ne ha combinati di tutti i colori, il padre abbia organizzato una grande festa.

Penso facilmente a persone così quando leggo dell’invitato alle nozze che non indossa l’abito nuziale.

Puoi essere seduto al banchetto senza condividere ciò che si muove nel cuore di chi ti ha invitato. Anzi nutrendo dubbi e perplessità proprio su ciò che è evidentemente importante per lui, sul suo modo di vedere le cose e poi di agire.

C’è un particolare di questa parabola che vorrei non trascurare. Lo percepisco importante per me.

Alcuni invitati non accolgono l’invito al banchetto perché devono dedicarsi ai loro campi, ai loro affari. Non c’è spazio e tempo per ciò che è oltre i propri interessi, i propri impegni, i propri orizzonti. Avere a che fare con il regno di Dio è avere a che fare con qualcosa che potrebbe distoglierli da quello che è il centro principale di interesse per la propria vita. Di loro non si dice nulla d’altro. Non si dice che vengono rimproverati o castigati.

Vorrei questa cosa per me…. Può essere che il mio cuore sia altrove e che neanche me ne accorga, che declini un sacco di inviti a banchetti del regno e mai li prenda neppure in considerazione perché concentrato su di me, sulle mie cose, sui miei affari. Vorrei che qualche servo o serva del re mi guardasse dritto negli occhi e nel cuore  e mi dicesse che sto sbagliando tutto e magari, se fosse necessario, mi scuotesse per benino per aiutarmi a far ritornare il mio cuore nella realtà del Regno di Dio.

 

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo

 

 

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