DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELL’OTTAVA DOPO PENTECOSTE



Anche questa volta conviene collocare nel contesto del capitolo il brano evangelico proposto per questa domenica. Ecco i versetti appena precedenti: Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: 33″Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, 34lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà”.

Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli…

Erano sulla strada che porta a Gerusalemme. Una strada che altre volte Gesù e i discepoli avevano percorso ma che in quel momento si rivelava come una strada faticosa, anzi insidiosa. I discepoli erano sicuramente confusi, spaventati per quello che avevano sentito dire da Gesù in merito all’esito dell’ostilità dimostrata dai capi di Israele nei suoi confronti. Quella strada diventava via di passione, prova e possibile morte. Una via che non conduceva più a un sogno ma ad una terribile prova.

Come poteva accadere che in quel momento due di loro, due scelti e chiamati a seguirlo, rivolgessero a Gesù una domanda simile? “Concedici di stare uno alla tua destra e uno alla sua sinistra?” Avevano forse intuito che la croce, il morire in quel modo sarebbe stata la vittoria di Gesù sul mondo? La manifestazione della sua gloria? L’inizio di un mondo nuovo davvero?

Non credo fossero già giunti a comprendere il dono della Pasqua di Gesù. Rimane così lo stupore di trovarsi di fronte a una richiesta del genere dopo aver sentito parlare in quel modo Gesù. E subito dopo leggiamo che gli altri discepoli si indignano con loro forse perché ai posti ci tenevano pure loro. Come potevano?

Ma basta poco, un poco di vita concreta, della vita di ogni giorno, nelle relazioni che vivo ogni giorno per arrivare ad ammettere che in fondo non sono poi così diverso dai discepoli. Succede che in un attimo ci si ritrova a camminare su una via diversa da quella di Gesù.

Mi ha colpito la frase di Gesù: “Ma tra voi non è così”…ma è vero? È vero che io, noi, non camminiamo sulle strade che percorrono coloro che governano il mondo? È vero che non sono omologato al mondo? Cioè è vero che in me non succede quello che succede nel mondo in quanto ad ambizioni, scelte, stile di vita?

Timidamente così si affaccia un desiderio: che qualcuno guardandomi, guardandoci riuscisse a dire “in lui, in loro, c’è qualcosa di diverso!. Sarebbe bello che qualcuno dicesse: non ho mai incontrato persone così, così amorevoli, buone, disponibili, attente, servizievoli, capaci di ascolto, di condivisione, di consolazione, di cura, così disinteressate, incapaci di calcolo, di cupidigia, persone capaci di perdonare, di non serbare rancore. Sarebbe bello che qualcuno dicesse parlando di noi: mi fa pensare a Gesù, anche lui sembra che scelga sempre l’ultimo posto, che sia contento di servire e non di essere servito.

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo

 

 

 

 

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