LA CAVALLERIA NELLE GUERRE MONDIALI, ALLE ZOOTECNICHE LA COLLEZIONE MOYERSOEN



PASTURO – Una pillola di storia equina dalle Grandi Guerre, quest’anno alla Fiera Zootecnica: in uno stand che all’apparenza sembra tratti solo di cavalcature, troviamo il colonnello Jean-Marie Moyersoen (foto in copertina), figlio di Albert Moyersoen (nipote del primo ministro del Belgio all’epoca dell’invasione nazista) e fratello di Filippo Moyersoen (vincitore di 3 medaglie d’oro; nel 1981, montando Adam, Moyersoen stabilì il record indoor di potenza, saltando il muro di 2,31 metri a Washington).

“Abito a Cascina Longora di Carpiano – si presenta Moyersoen -, un paese a sud di Milano, vicino a Melegnano. L’esposizione mostra una collezione privata che riguarda il cavallo militare durante la Seconda Guerra Mondiale: nell’esercito tedesco, dall’invasione della Polonia il primo settembre del 1939 fino alla resa dell’ultima divisione di cavalleria, erano ancora presenti 12.000 cavalli; questi cavalli quindi avevano fatto tutta la campagna di Francia, tutta la campagna di Russia, la ritirata e si erano andati a consegnare nelle mani degli inglesi in Austria. Il numero di cavalli impegnati nel conflitto era gigantesco, nella campagna di Russia l’esercito tedesco aveva schierato 750.000 cavalli e quello sovietico inquadrava 3.500.000 cavalli. Oggigiorno non si pensa che il contributo dei quadrupedi sia stato così elevato”.

“In questa collezione – spiega Moyersoen – è presente tutto questo materiale grazie a mio padre, Albert Moyersoen: essendo di origine belga, nativo della città di Aalst, lui ha vissuto l’occupazione dell’esercito tedesco dal 1940 al 1944 e ha visto tantissimi cavalli che circolavano nel suo comune, dove era stato costruito anche un ospedale veterinario. Dopo la guerra lui si è sposato in Italia ed è venuto ad abitare in una cascina, chiamata Cascina Longora; ha iniziato a fare l’agricoltore e poi ha aperto un centro ippico, in cui vennero anche Lucio Battisti e Mogol, di cui ho bei ricordi. Con l’obiettivo di fare un ride da Milano a Roma a cavallo, presero i cavalli e alcune lezioni da lui e dopo circa due mesi di addestramento partirono, impiegando tre settimane per il ride”.

“Nel periodo successivo alla guerra, sui mercati dei cavalli arrivavano anche le selle militari perché gli eserciti avevano venduto gran parte dell’equipaggiamento, svuotando i loro magazzini; mio padre era stato anche in Portogallo intorno al 1965 e lì aveva trovato molto materiale dismesso dell’esercito portoghese, unito negli anni successivi a quello dell’esercito svizzero e di quello francese”, aggiunge il colonnello.

Moyersoen continua raccontando qualcosa di lui: “Nell’85 sono stato offerto alla scuola militare di equitazione che si trova a Roma, a Montelibretti, e lì ho avuto il modo di montare il cavallo e fare le sfilate del 2 giugno che si facevano anche con i reparti a cavallo”.

Quindi possiamo dire che il cavallo è importante per la milizia?

“Sì, è stato fondamentale, però poi è diventato un ricordo, una tradizione mantenuta da piccoli nuclei. Nel 2004, però, ho avuto la grossa soddisfazione di creare un reparto a cavallo vero e proprio a Roma, nei Lancieri di Montebello. Allora abbiamo fatto delle acquisizioni di cavalli che in parte erano allevati dall’esercito: questi sono stati acquistati a commercio e sono stati provvigionate le selle, le bardature ed è stato costituito tutto quello che serviva per svolgere attività di rappresentanza a cavallo.
Abbiamo fatto varie cerimonie e caroselli a Roma, come il concorso di Piazza di Siena dove ormai annualmente c’è un carosello dei carabinieri a cavallo, ma anche un carosello dei lanceri di Montebello che hanno la lancia anziché solo la sciabola come i carabinieri”.

È impressionante vedere alcune fotografie, che mostrano come realmente i cavalli erano considerati armi a tutti gli effetti durante i due conflitti mondiali.

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