TURISMO, SCI E NON SOLO. FOSSATI (ITB): “GLI IMPIANTI A FUNE CRUCIALI CONTRO LO SPOPOLAMENTO DELLE AREE MONTANE”



PIANI DI BOBBIO (BARZIO) – Di recente pubblicazione l’interessante studio promosso da Anef (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari) che fa il punto sugli impatti socio-economici a livello locale degli impianti di risalita.

Una analisi di semplice lettura ma densa di cifre e spiegazioni, utile a comprendere situazione e prospettive delle stazioni sciistiche e non solo.

> Presentazione ANEF Nazionale (file Pdf)

Ne abbiamo parlato con Massimo Fossati, amministratore delegato dell’ITB – la società che si occupa degli impianti di risalita nel nostro territorio, da Erna fino all’Alta Valsassina, passando ovviamente per il comprensorio maggiore, quello dei Piani di Bobbio e Valtorta.

L’intervista è a cura del direttore editoriale di Valsassinanews, Sandro Terrani.
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Lo studio di ANEF fa emergere alcuni aspetti interessanti – che riguardano anche i nostri territori. Qual è quello che giudica più rilevante, in rapporto anche ai continui “attacchi” a chi fa questa attività sotto quota 2.000 metri?

Dallo studio commissionato da ANEF e realizzato da PwC emerge chiaramente come l’economia turistica delle nostre montagne sia strettamente connessa al funzionamento degli impianti a fune. Questi rappresentano un elemento cruciale per contrastare lo spopolamento delle aree montane a favore delle città e delle pianure. È indispensabile continuare a investire in queste infrastrutture, creando le condizioni affinché gli imprenditori della montagna possano operare al meglio e garantire lo sviluppo sostenibile del territorio.
È importante sottolineare che solo lo 0,07% del territorio montano è occupato dagli impianti a fune e dai comprensori sciistici: una percentuale estremamente contenuta e, a mio avviso, più che accettabile, se consideriamo il ruolo vitale che questi svolgono nell’economia delle “terre alte”. Il loro impatto limitato appare quindi pienamente giustificabile alla luce dei benefici economici e sociali che generano.

Non sono un negazionista riguardo al cambiamento climatico, con cui mi confronto quotidianamente. Tuttavia, sento una doppia responsabilità: economica verso la mia azienda e sociale verso i numerosi lavoratori che dipendono da questo settore. Il mio obiettivo è cercare soluzioni che siano sostenibili dal punto di vista sia economico che ambientale, senza compromettere il futuro delle comunità montane.
Chi critica gli impianti a fune spesso non vive la realtà della montagna e non comprende l’entità del danno che tali posizioni possono arrecare, spesso più grave degli stessi effetti del cambiamento climatico. Queste critiche non tengono conto del valore economico e sociale che il turismo legato alla montagna e ai comprensori sciistici rappresenta, né offrono soluzioni concrete per bilanciare tutela ambientale e sviluppo economico.

Tra le cifre segnalate nell’analisi, gli 0,72 milioni di € di valore aggiunto locale generati in media per ogni milione di spesa turistica. Tanto, poco, il giusto?…

Lascio a voi le considerazioni del caso, ma è fondamentale fare alcune precisazioni. Quando si parla di “spesa turistica”, ci si riferisce esclusivamente alle spese sostenute dai visitatori delle aree montane. Tuttavia, questo dato non include l’intero indotto economico generato dagli investimenti che alimentano i comprensori sciistici, che rappresentano un motore economico ancora più ampio.

L’impatto sull’economia locale non si limita infatti al solo aspetto finanziario: l’occupazione generata dal turismo montano ha una rilevanza sociale di grande portata. Si tratta di un settore che garantisce benessere e stabilità a centinaia di famiglie. Inoltre, è particolarmente significativo il dato che riguarda l’occupazione giovanile e femminile: la percentuale di giovani e donne impiegati nel turismo montano è ben superiore alla media nazionale, un segnale estremamente positivo per la crescita economica e sociale delle comunità montane. Questo dimostra come il turismo nelle aree montane non sia solo un fattore economico, ma rappresenti anche un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo, capace di offrire opportunità concrete e migliorare la qualità della vita di chi vive e lavora in queste regioni.

Nelle aree territoriali analizzate, si è stimato un valore aggiunto locale generato variabile tra 384 milioni e 1,033 miliardi. Cifre importanti; si possono migliorare?

Tutto è migliorabile, e in questo settore è doveroso continuare a progredire. In Lombardia, per ogni euro investito negli impianti a fune si genera una spesa turistica collegata pari a oltre otto volte l’importo speso. Tuttavia, è importante sottolineare che questo dato, pur positivo, rappresenta il valore più basso rispetto ad altre regioni e province con una vocazione turistica più marcata, che riescono a ottenere risultati decisamente migliori. Su questo fronte, c’è ancora margine per crescere. È necessario puntare a migliorare la qualità dei servizi offerti, incrementando il livello di attrattività delle nostre aree montane e, soprattutto, estendendo la permanenza dei visitatori. L’obiettivo deve essere quello di rendere le nostre destinazioni più competitive non solo per la stagione invernale, ma anche per tutto l’anno, attraverso un’offerta diversificata e capace di rispondere alle esigenze di un turismo sempre più esigente e orientato all’esperienza.

Investire nella riqualificazione delle strutture, nell’innovazione tecnologica e nel potenziamento dell’ospitalità può fare la differenza, trasformando le montagne lombarde e più nello specifico la Valsassina, in mete preferite non solo per brevi soggiorni, ma per vacanze più lunghe e ricche di opportunità. Questo sarà fondamentale per generare un impatto economico e sociale ancora più significativo e sostenibile nel tempo.

Si genera anche una discreta “occupazione locale”, con buoni dati sul lavoro femminile e giovanile. Da noi, quanta gente ne beneficia in questo contesto, ogni anno, e quanta parte è “del posto”?

Come accennavo in precedenza, la percentuale di giovani e donne impiegati nel settore del turismo montano è un segnale estremamente positivo. Non credo si possa definire solo “discreta” la quantità di occupazione locale generata: ogni posto di lavoro creato nelle nostre montagne ha un valore enorme, soprattutto se consideriamo l’importanza di contrastare lo spopolamento delle aree montaneOgni opportunità lavorativa in questi territori non è solo una risorsa economica, ma una garanzia di vitalità per le comunità locali. Dare la possibilità alle persone di lavorare e costruire il proprio futuro sulle nostre montagne significa investire concretamente nel mantenimento del tessuto sociale ed economico, creando le condizioni affinché le nuove generazioni possano immaginare un futuro in questi luoghi.
L’occupazione locale è quindi un pilastro fondamentale per preservare il patrimonio culturale e ambientale delle nostre montagne. Permettere alle persone di rimanere e prosperare nei propri territori è l’unico modo per evitare che queste aree diventino deserte, preservando al contempo l’identità e la tradizione che le rendono uniche.

Dal punto di vista ambientale, gli impianti di risalita emettono dal 5 al 7% delle tonnellate di CO2 attribuibili al turismo montano. All’osservatore non professionale sembra perfino poco…

Anche da un punto di vista professionale, questo dato fornisce una chiara comprensione dell’impatto di cui stiamo parlando. La gestione dei comprensori sciistici contribuisce solo per il 7% all’impronta di carbonio complessiva generata dal turismo montano. Pur essendo un dato relativamente basso, per noi rappresenta un punto di partenza: il nostro impegno è migliorare continuamente.
Come gestori, vogliamo non solo ridurre ulteriormente il nostro impatto ambientale, ma anche contribuire a diminuire la parte più significativa dell’impatto del turismo montano, che deriva principalmente dagli spostamenti in auto. È qui che si concentra una delle maggiori sfide per la sostenibilità delle aree montane.
In particolare, stiamo investendo in modo significativo su soluzioni di mobilità più sostenibili, come il potenziamento dei “treni della neve” e dei servizi di bus navetta. Questi sistemi di trasporto pubblico mirano a ridurre l’uso delle auto private, offrendo alternative più ecologiche per i turisti che vogliono raggiungere le località sciistiche in modo comodo e rispettoso dell’ambiente.
Il nostro obiettivo è sviluppare un turismo montano che non solo rispetti l’ambiente, ma che diventi un modello di sostenibilità. Questo richiede un approccio integrato, che coinvolga infrastrutture, servizi e una sensibilizzazione dei visitatori verso pratiche di viaggio più consapevoli e meno impattanti.

Infine, c’è pure un impatto sul gettito fiscale delle Regioni, Province e Comuni delle aree territoriali interessate.

Abbiamo voluto mettere in luce un dato che spesso viene trascurato: l’importante contributo alla fiscalità locale generato dalla nostra attività. Ogni presenza nel nostro comprensorio sciistico produce un gettito fiscale locale, che include i livelli fino alla Regione, stimato in modo prudente intorno ai 9 euro a persona in Lombardia.
Facendo un semplice calcolo: ai Piani di Bobbio, solo nell’ultimo anno, abbiamo generato un gettito fiscale locale di poco meno di 3 milioni di euro. Questa cifra permette di comprendere meglio l’importanza economica del nostro comparto e giustifica le decisioni che la Regione prende a nostro favore.

Il contributo fiscale del settore sciistico non solo supporta i bilanci pubblici locali, ma rappresenta anche una leva strategica per lo sviluppo delle aree montane. Tali risorse, infatti, possono essere reinvestite in servizi, infrastrutture e progetti volti a migliorare l’attrattività e la sostenibilità delle località turistiche, creando un circolo virtuoso che favorisce la crescita economica e sociale di tutta la regione.
In questo senso, il sostegno istituzionale al nostro settore non è solo giustificato, ma necessario per garantire un futuro sostenibile alle comunità montane, preservando al contempo l’importante ruolo che svolgiamo nell’economia locale.

 

 

 

 

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